Lo sapevamo che Gli anni al contrario di Nadia Terranova ci avrebbe fregato. Troppi gli indizi. Intanto le parole appassionate del giovane lettore che per primo ce ne aveva parlato: ricorda un po’ La meglio gioventù, c’è qualcosa anche di Forrest gump. Doppio allarme. Quelli sono film che ci hanno fatto sanguinare. Gli anni al contrario poi – scopriamo sempre dal nostro amico – sono quegli stessi settanta della nostra giovinezza. Anni roventi, di sogni e di scontri. Una febbre che toccò tutto il Paese, anche Messina, città di nascita dell’autrice (ormai romana) e luogo di ambientazione del romanzo.
La definitiva certezza che non saremmo venuti fuori dalla lettura emotivamente indenni l’abbiamo avuta a pagina trentatré: il giorno del matrimonio di Aurora, incinta, e Giovanni, il papà. Giovanissimi, avevano incrociato le loro storie all’università, mescolando in un’illusione di onnipotenza bellezza, innocenza, entusiasmo, studio matto e disperatissimo, lei, passione politica rivoluzionaria, lui.
Il Movimento studentesco è per entrambi la libertà: per lei dal padre “fascistissimo” e dalla rigida e bigotta educazione dalle suore; per lui, arrivato per ultimo e forse “in ritardo”, dal carisma del padre socialista e libertario. Poi con il matrimonio il suggello di un’eguale «fiducia totale e immediata nel futuro più prossimo», che è tanto la figlia in arrivo quanto il mondo nuovo alle porte. Chi ha un po’ di anni sa che quando la vita ti dà subito un tale sproposito di certezze e felicità poi il resto dei giorni sono solo il conto da pagare per quei pochi momenti.
È così anche per Aurora e Giovanni. Già nella stessa pagina trentatré c’è uno smottamento premonitore. Dopo aver letto della pienezza di bacio sull’altare fra i due giovani, eccoci informati dello sconquasso di dubbi che fra “erba” e whiskey e vagabondaggio aveva tempestato il cuore di Giovanni la notte prima delle nozze. Aurora e Giovanni, due dei tanti di una generazione che con sfrontato coraggio nel Settantasette ha dato l’assalto al cielo e che poi nella quotidianità degli impegni di vita ha scoperto, atterrita, fragilità e inadeguatezza.
Gli anni al contrario è il racconto delle discese ardite e delle risalite di Giovanni che non riesce a staccarsi da un’idea romantica di vita eroica e perciò prima lambisce e poi precipita nel gorgo di esperienze autodistruttive. Gli anni al contrario è il racconto di Aurora che da bambina si ritrova donna, della forza dolorosa e tenace con cui ella tiene vivo il fiore dei sogni comuni e fin che può e come può fa da argine e da sponda all’irrequietezza del marito. Gli anni al contrario è la storia di Mara e dell’innata saggezza della sua infanzia che riesce a farle godere l’amore così diverso ma ugualmente intenso tanto dell’uno quanto dell’altro genitore.
Nadia Terranova racconta per capitoli brevi, schiva e scalcia la retorica seguendo gli scarti bruschi di vite continuamente battute da venti contrari e dà profondità alla narrazione con affondi icastici di grande suggestione fino a ricordare a tutti con le parole di Majakovskij che «Per quel che concerne il pane la cosa è chiara, e per quel che concerne la pace anche. Ma la questione cardinale della primavera va risolta, ad ogni costo».
Gli anni al contrario è uno di quei libri che quando finisci di leggerlo hai gli occhi umidi e il cuore in subbuglio. E perciò lo rileggi. E poi ne parli a un amico.
Nadia Terranova, Gli anni al contrario, Einaudi, 2015
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