Un silenzio non vale l’altro. C’è il silenzio dell’ascolto che fortifica l’amore ma c’è anche quello della paura e della fuga che invece lo avvelena, e se ti ingarbugli in questo non è semplice venirne fuori. Facile dire: basta volerlo, ogni equilibrio è mutevole. Ma quando, come, cosa può trasformare comportamenti consolidati? Leggendo Carlo è uscito da solo di Enzo Gianmaria Napolillo questa complessa dinamica ti scorre davanti agli occhi con toccante limpidezza, talvolta «talmente cristallina da fare male». Quanto più sofferta è la sua conquista, tanto più radicale e liberatorio è il cambiamento.

  • Carlo si è chiuso in se stesso per un trauma adolescenziale. Quella ferita lo ha tramortito. Ha trentatré anni ma esce di casa solo con il padre Anselmo e non rivolge la parola a nessuno. Ha intelligenza e sensibilità vivaci, ha talento matematico e conta tutto ciò che vede, dalle gocce della pioggia alle stelle in cielo, ha competenze e gusti musicali raffinati ma è bloccato in se stesso come da una sua colpa irredimibile.

Cosa è accaduto? Perché Carlo si è nascosto in «una consapevole freddezza… spegnendo degli interruttori al suo interno, uno per uno, con metodo e determinazione»? Il romanzo è in terza persona e alterna passato e presente: leggendo via via ci sconvolge la banalità del male e il crescendo di violenza che Carlo ha subito, ci rincuora la tenacia degli affetti che lo circondano e la luce che un giorno si accende nella sua vita. In quest’altalena emotiva aperta ad ogni possibile esito è la tensione narrativa del romanzo.

Estrema o meno che sia, Napolillo riesce a dare valore universale alla vicenda di Carlo grazie all’incisiva espressività del linguaggio, sempre magistralmente in equilibrio fra necessità funzionali del racconto, approfondimento psicologico ed evidenza metaforica. Per chi ha l’abitudine di sottolineare in Carlo è uscito da solo c’è tanto materiale di particolare pregio letterario e soprattutto c’è un importante percorso di riflessione sul paradosso per cui certe volte è ancor più difficile aprirsi con chi ci è più caro e più vicino.

«Il dolore e la paura sono sentimenti comuni, … l’unico modo per sconfiggerli è creare il proprio piccolo mondo, abitarlo di persone scelte con cura, perché è saper scegliere a fare la differenza». Carlo vive in un ambiente sereno, circondato dallo smisurato affetto dei propri genitori e della sorella più giovane di lui: il suo piccolo mondo è lì, da sempre, eppure egli non riesce a trovare in esso la forza necessaria per vincere il dolore e la paura finché non riconoscerà in quelle di Leda ferite simili alle sue.

Leda lavora al bar dove Carlo va ogni mattina insieme al padre. Un giorno insieme alla brioche con uno spruzzo di zucchero nel piattino gli disegna un sorriso e Carlo capisce che anche lei ha bisogno di qualcuno con cui camminare mano nella mano per uscire da un sentiero buio. Comincia così un’altra storia. Come finirà?

Cinque anni dopo Le tartarughe tornano sempre, Carlo è uscito da solo è un’emozionante conferma della particolare capacità di Enzo Gianmaria Napolillo di dare voce e respiro narrativo ai sentimenti più delicati e profondi dell’animo umano.

 

Enzo Gianmaria Napolillo, Carlo è uscito da solo, Feltrinelli, 2020