«Il solo passo che costa è il primo.» Gli altri sono obbligati. Nell’inizio è il nostro destino. Vale anche per un romanzo. Marías, infatti, capitolo per capitolo svolge fino in fondo assunti e premesse mostrandone sviluppi e implicazioni in modo magistrale, con plastica e sontuosa evidenza.

Tomás Nevinson (che dà il titolo al romanzo) è il marito di Berta Isla, protagonista del precedente e omonimo romanzo di Marías. Dunque, un dittico. Sapevamo che Tomás, per tanti anni agente dei servizi segreti inglesi, aveva abbandonato quell’attività e ripreso il rapporto con la moglie Berta, che a lungo lo aveva creduto morto. Anche se ormai l’amore «primitivo e ostinato» che li aveva uniti a quindici anni era sfuocato o del tutto svanito «come sentinelle alle prime armi in quelle guardie notturne che in Spagna, chissà perché, vengono dette imaginarias, forse perché il giorno dopo sembra che non siano mai esistite».

Nel nuovo romanzo il passato professionale di Tomás torna prepotentemente alla ribalta. L’ambiguo Bertram Tupra, il capo che già a suo tempo lo aveva arruolato con un inganno, prova infatti a riportare Tomás in azione ponendogli un dilemma morale. È stato individuato un pericoloso terrorista che ha partecipato ad almeno due sanguinosissimi attentati dell’Eta. Al momento è fuori dal giro ma Tupra è certo che presto tornerà in azione, probabilmente con l’Ira. Difficile inchiodarlo con prove, sono trascorsi dieci anni, va eliminato e Tomás è la persona giusta. Bisogna agire con risolutezza per sventare altre stragi, però…

E se quella persona nel frattempo si fosse pentita e la sua clandestinità non è più solo una copertura ma una nuova vita? Ma davvero è possibile prevedere i comportamenti futuri di qualcuno? In avvio Marías ricorda che Hitler è scampato a due attentati perché entrambe le volte a chi avrebbe potuto ucciderlo è mancata la determinazione necessaria non immaginando l’attentatore di cosa quell’uomo sarebbe stato capace, «bisogna che l’orrore si compia in tutta la sua grandezza per spingerci ad agire». Potrebbe accadere, però, anche il contrario e, cioè, uccidere invano. O, addirittura, la persona sbagliata.

L’indicazione di Tupra, infatti, non è univoca: i sospettati sono tre. E per di più tre donne. Il romanzo comincia così: «Ho avuto un’educazione all’antica, e mai avrei creduto che un giorno mi si potesse ordinare di uccidere una donna. Le donne non si toccano nemmeno con un fiore…». E dunque: che farà Tomás? Tupra è certo: accetterà, perché «Dopo essere stati Qualcuno è molto difficile tornare ad essere nessuno. Anche se quel Qualcuno fosse invisibile e quasi nessuno potesse riconoscerlo». Se cominci sei dentro per sempre, pensa Tupra. Vedremo.

Intanto a pagina 47, Marías dedica un inno di un lirismo struggente al garzoncello scherzoso che «fresco e ignorante» nessuno ancora può usare: «Goditela adesso che non sai nulla e non hai ancora avuto il tempo di fare nulla, di fare del male a nessuno, anche se gli altri possono già fartene… Rallegrati di non sapere chi sei, né che tipo di uomo o donna diventerai… goditi questo lungo periodo in cui non devi rendere conto dei tuoi atti e non odi ancora lamenti». Chissà se Tomás, entrando nelle vite degli altri, recupererà in qualche modo un brandello d’innocenza della sua età dell’oro interrompendo l’inerzia del percorso segnato dal primo passo, «il solo che costa». Chissà.

Con lingua e struttura perfettamente adeguate ad una sua lucida e compiuta rappresentazione, cambi in corsa di persona, dalla terza alla prima e viceversa, ribaltamenti prospettici, citazioni dal Machbeth, Marías racconta ragioni, contraddizioni e universalità di questo tormento. Tomás Nevinson è un romanzo sulla responsabilità. Ad essa nessuno sfugge. Qualunque azione è una scelta, e ne dobbiamo rispondere: prima di tutto a noi stessi.

 

Javier Marías, Tomás Nevinson, Einaudi, 2022