Ci ricorda Amos Oz in Gesù e Giuda che gli infami trenta pezzi d’argento equivalgono più o meno a seicento euro di oggi, che Giuda non era un povero pescatore della Galilea ma un agiato proprietario terriero della Giudea. E perché poi pagarlo per un bacio che doveva identificare un uomo noto a tutti? Gesù cercava la folla, non si nascondeva. Solo due giorni prima aveva dato scandalo nel cuore di Gerusalemme rovesciando i tavoli dei cambiavalute alle porte del Tempio. Tutta Gerusalemme conosceva Gesù. Il presunto tradimento non ha movente.

Ha avuto conseguenze, invece: «La stretta somiglianza tra i due termini, Giuda e giudeo, in quasi tutte le lingue sollecita infiniti pregiudizi malevoli e razzisti… Il Giuda dei Vangeli è la velenosissima fonte dell’antico archetipo dell’ebreo eternamente demonizzato e maledetto… Nessun’altra storia ha mai generato tanto odio, tanta violenza, tanto spargimento di sangue, tante persecuzioni, tanti genocidi».

  1. Com’è andata allora secondo Shemuel Asch? Scrive Amos Oz: «Il suo Giuda Iscariota era un uomo di mondo, vicino ai sacerdoti di Gerusalemme, vicino ai Ricchi e ai Potenti, dai quali era stato incaricato di recarsi in Galilea da infiltrato, a piedi nudi e coperto di stracci, di mescolarsi con i seguaci di Gesù e di riportare a Gerusalemme qualche utile informazione che servisse a verificare le voci che correvano su quella nuova setta della Galilea, vaga, strana e forse eretica».
  • Secondo Shemuel Asch accade, quindi, che «questo scettico, mondano uomo di città si accende di un’ardente fede di Gesù, nella missione di Gesù, in Gesù che è il Redentore, il Salvatore, il Messia, il Figlio di Dio. E così, Giuda la spia rinasce come Giuda l’apostolo; ed essendo un uomo di mondo, diventa una specie di naturale “amministratore delegato” o “capo delle operazioni” di Gesù e del gruppo dei sognatori suoi seguaci».

Gesù diceva: «Sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». (Luca 21, 29-33). Giuda la capisce a modo suo, né è l’unica incomprensione delle parole di Gesù da parte degli apostoli. Lo prende alla lettera, crede che tutto possa e debba compiersi subito, perciò lo spinge a vincere ogni esitazione, a non avere paura della morte, a bruciare i tempi, ad avere fiducia nella sua natura divina e nel Padre.

In poche paginette concitate Amos Oz ci dice dei dubbi dell’uno e delle certezze di fede dell’altro. Tutto umano, troppo umano. Folle, ma credibile. «Ti crocifiggeranno davanti a tutti loro. Tutti ti vedranno inchiodato sulla croce, sanguinante sulla croce, prima di vederti con i loro occhi scendere dalla croce sano e salvo, e incolume. Cadranno tutti in ginocchio, mentre tu gli dirai semplicemente che dovrebbero amarsi a vicenda. Il Regno dei Cieli avrà inizio in quel preciso momento. Sarà il miracolo che porrà fine a tutti i miracoli. Sarà la fine del peccato, la fine del dolore, la fine del male e della sofferenza, la fine della morte stessa, sarà la Fine dei Giorni».

Incarnandosi, il Figlio di Dio ha condiviso le debolezze degli uomini. Nel turbinio di sentimenti del suo animo insieme alla natura divina c’era anche il gravame dei nostri limiti e, quindi, la possibilità dell’errore. Poteva sbagliare. Ha sbagliato. Oppure era solo un matto.

Forse non voleva neanche andare a Gerusalemme. L’ha spinto Giuda, che ha organizzato la crocifissione sfruttando «le proprie conoscenze fra i sacerdoti e i suoi buoni rapporti con i governatori romani della sua terra… per convincerli che era necessario crocifiggere proprio quel predicatore fra tanti perché… era speciale… era un ribelle, una minaccia per il governatorato romano… pericoloso anche per i sacerdoti, perché diffondeva tra la gente l’idea sovversiva che tutti noi possiamo essere in egual misura vicini a Dio, anche i malfattori, anche le prostitute, tutti».

Poi ha convinto Gesù. Con la lusinga del «miracolo dei miracoli», del colpo risolutivo: «Non hai resuscitato i morti? Non hai risanato storpi e moribondi? Non hai camminato sulle acque? Non hai trasformato sassi in pane e acqua in vino? Abbi fede e scenderai dalla croce». E il Figlio dell’uomo ha ceduto, per impazienza rivoluzionaria.

Poi Giuda lo vede sanguinare per ore sulla croce, soffrire, urlare per l’angoscia e il dolore e chiamare disperatamente sua madre, quindi si spaventa e lo incalza (Mostraglielo adesso. Non vedi che la folla comincia a disperdersi? Il Sabbath si avvicina, la Festa è quasi arrivata. La gente deve cucinare, fare le pulizie, occuparsi degli altri preparativi: Questo è il momento. Fallo. Nel nome di Dio, fallo subito), allora Gesù ci prova, ci prova… e, infine, «proferisce quelle parole, le più dolorose mai pronunciate: Eli, Eli, lama sabachthani? Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?… Questa volta non chiama il suo creatore “Padre” o “Padre mio”. No. Lo chiama “mio Dio”. Il più delle volte Gesù si rivolge a Dio chiamandolo “Padre mio”, ma non ora. L’Onnipotente ha abbandonato Gesù, lo ha tradito. Donde: mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?».

E allora: chi ha tradito chi?

Certo che poi Giuda si è impiccato. E cos’altro poteva fare dopo avere visto quello strazio, dopo aver visto il suo Maestro e il suo sogno derisi e vilipesi grondare sangue dalla croce. Non c’entrano i soldi: «Giuda voleva una redenzione universale subito, nell’immediato presente, e la voleva a tutti i costi: una redenzione universale, definitiva, assoluta… Era un devoto zelota, un rivoluzionario deciso a cambiare il mondo anche ricorrendo alla violenza e a spargimenti di sangue… Giuda il fanatico. Giuda il primo cristiano. L’ultimo cristiano. L’unico cristiano». E Gesù, invece, chi era: era Dio oppure un matto?

Certe volte la fede è un cortocircuito del desiderio, e allora sono guai. Sempre. Treccani, cortocircuito: «Considerevole aumento della corrente circolante in un circuito causato dall’annullarsi accidentale, in seguito a contatto, della resistenza tra punti che solitamente sono a potenziale diverso. Il calore sviluppato produce effetti deleteri ove non si adottino opportuni dispositivi protettivi».

La storia è ricca di esempi. Senza andare lontano: quanti hanno creduto come Giuda nel miracolo dei miracoli della rivoluzione e nei cortei degli anni settanta gridavano Fra cinque, dieci anni l’Italia sarà rossa? Quanti dopo quell’impavida, ingenua e velleitaria illusione all’apparir del vero si sono impiccati con l’eroina o il terrorismo? Oppure si sono buttati via anche per meno di trenta pezzi d’argento (ma questa è un’altra storia).

La fede nell’interpretazione evangelica di Antonio Spadaro non acceca ma rischiara: «La gioia vera della fede non è mai luce psichedelica, fantasmagorica, paradossale… è luce gentile che offre capacità di visione, luce consolante e terapeutica». La fede non fa miracoli, guarisce le ferite della vita. Se ci credi.

Fuoriscena – I fratelli Karamazov, parte prima, libro terzo, cap. V

– Io vado, Mitja. Io ho fede che Dio sistemerà tutto come gli parrà meglio, in modo che l’orrore non avvenga.

– E io starò qui, ad aspettare il miracolo. Ma se non si avverasse, allora…

Alëša, assorto in pensieri, s’avviò verso la casa del padre.

parte seconda – continua

Antonio Spadaro, Una trama divina, Marsilio, 2023

Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Einaudi, 1970

Amos Oz, Giuda, Feltrinelli, 2014

Amos Oz, Gesù e Giuda, Feltrinelli, 2022