Attenzione. Dice Byung-Chul Han in Infocrazia che ci stiamo giocando la democrazia, e tante altre cose ad essa imprescindibilmente connesse. A cominciare dalla libertà… e ‘l modo ancor m’offende:

«Il soggetto sottomesso nel regime dell’informazione non è docile né ubbidiente. Piuttosto si crede libero, autentico e creativo: produce e performa sé stesso… è proprio il senso di libertà a garantire il dominio… Il dominio si compie nel momento in cui libertà e sorveglianza coincidono».

Byung-Chul Han – filosofo coreano di Seoul, studi e insegnamento in Germania (Friburgo, Berlino), retroterra Arendt, Habermas, Foucault – ha il merito impagabile di affrontare temi della nostra quotidianità dicendo in libri di poche pagine cose complesse e inquietanti con una sintassi elementare e un linguaggio semplice, salvo necessarie impennate specialistiche debitamente segnalate con il corsivo come tutti i passaggi chiave, per cui non c’è mai bisogno di sottolineare, tic a parte.

Leggendo Infocrazia ci è tornato in mente l’antico mito di Erisittone. Ci soccorre Wikipedia. E dunque: ne parlano Ovidio (Metamorfosi, VIII, 738-878) e Callimaco (VI inno), un riferimento anche in Dante (Purgatorio, XXIII, v. 26).

Principe di Tessaglia, empio e violento, Erisittone un giorno capitò con degli amici in un bosco sacro a Cerere-Demetra e in spregio alla dea, nonostante la sua ira, abbatté degli alberi per farne una nuova sala banchetti. La dea lo punì condannandolo ad appetito insaziabile e fame perpetua cosicché, dilapidate per nutrirsi le ricchezze di famiglia, (Callimaco) «Nei crocicchi stette il figlio del re, seduto, a chiedere avanzi e rimasugli delle mense».

Erisittone arrivò a vendere sua figlia Mestra al mercato come schiava e lo fece tante volte poiché, grazie a un dono dell’amante Poseidone, la ragazza poteva assumere sembianze diverse a suo piacere: «La volpe multiforme e lasciva che, con il guadagno di tutti i giorni, provvedeva alla fame smisurata del padre» (Licofrone, Alessandra vv. 1393-1395).

Infine, e veniamo al punto, quando il segreto di Mestra fu scoperto, per placare lo strazio della fame Erisittone non poté far altro che mangiare se stesso: «Cominciò a lacerarsi gli arti a morsi e l’infelice si nutriva a prezzo del suo corpo», Ovidio.

La Rete non è una piazza ma una trappola autistica: crediamo di incontrare gli altri e invece Big Data e algoritmi ci danno in pasto noi stessi. Byung-Chul Han non ha dubbi e argomenta. Non è più il potere a mostrarsi con il luccichio del suo sfarzo: adesso in mostra siamo noi, h24… connessi, trasparenti, visibili. Nutriamo in ogni momento gli algoritmi di dati («Il nuovo medium di sottomissione è lo smartphone… Lo smartphone è un dispositivo psicometrico di registrazione») e questi ci serrano in una morsa restituendoci ciò che ci piace con amplificazione esponenziale fino a farci credere che quella menomissima parte è il tutto. Nella caverna socialvediamo le nostre ombre e crediamo siano gli altri. Una degenerazione patologica della sineddoche. Non una parte per il tutto, ma una parte che oscura il tutto. Un’eclissi totale dell’altro.

Soli, senza saperlo, di noi stessi ci nutriamo, come Erisittone, ma «storditi dal divertimento, dal consumo e dal piacere. La vita è dominata dalla costrizione alla felicità». Chi vuol esser lieto sia nel mondo nuovo di infocrazia. Il potere oggi è smart. Non ordina ma sussurra, sospinge, induce. Non sorvegliapunisce ma motiva e ottimizza. Il dominio è libertà, comunicazione, comunità. «I follower prendono parte a un’eucarestia digitale. I social media somigliano a una chiesa: il like è il loro Amen. Lo sharing è la comunione. Il consumo è la salvezza».

  • In questa comfort zone è impossibile la democrazia. Per diverse ragioni. Punto primo: la velocità. La democrazia si è costruita sui libri. È lenta, prolissa e complicata. La razionalità, che ne è la sostanza, ha i tempi lunghi della lettura e del confronto. È intensiva. È riflessione che lega l’istante al presente e al futuro. È sistemazione coerente e ordinata di fatti e opinioni.

La costrizione alla comunicazione accelerata azzera la capacità di attenzione, orienta verso soluzioni e risultati rapidi, intelligenti ma fuorvinti e di corto respiro perché succubi dell’affettiivtà, più veloce della razionalità, ed esposti ai venti di fake news e inconscio digitale. «Le informazioni sfrecciano davanti alla verità e non vengono più raggiunte da questa… Il regime dell’informazione si appropria di quegli strati preriflessivi, pulsionali, emotivi del comportamento, che precedono le azioni coscienti. La sua psicopolitica basata sui dati s’insinua nel nostro comportamento senza che ci accorgiamo di questa intromissione.» Le inserzioni pubblicitarie convenzionali vengono rimosse dagli adblocker. Il resto è materia oscura.

  • Punto secondo: frammentazione. «Con i microtargeting ciascuno riceve una notizia diversa… gruppi diversi ricevono informazioni diverse, spesso in contraddizione fra loro… Le informazioni si diffondono senza passare dallo spazio pubblico… vengono prodotte in spazi privati e inviate a spazi privati… I social media sono comunicazione senza comunità». Solo la presenza dell’altro rende un’opinione discorsiva e rappresentativa, Arendt. «Nell’agire comunicativo (Habermas) devo rappresentarmi la possibilità che la mia espressione venga messa in questione dall’altro. Un’espressione priva di qualsiasi punto interrogativo non ha carattere discorsivo».
  • Punto terzo: identità. Non c’è più un orizzonte comune di schemi interpretativi concordanti («uno sfondo olistico intuitivamente conosciuto, aproblematico e non scomponibile», Habermas) e cioè un mondo della vita che costuisca il contesto e appronti risorse nella discussione pubblica. Le opinioni non sono più elementi di confronto, rivedibili e confutabili, ma parti integranti, non negoziabili, della propria identità. Accade soprattutto «nelle fila della destra, dove maggiore è il bisogno identitario… e persino le teorie del complotto vengono riprese come proposte identitarie».

In conclusione. Dai dadaisti ai dataisti. Dalla creatività iconoclasta dei primi ai numeri sacri degli altri: «I dataisti credono che i Big Data e l’Intelligenza Artificiale ci garantiscano uno sguardo divino, onnicomprensivo, che riveli con precisione tutti i processi sociali e li ottimizzi nel bene di tutti… Il compito dell’Intelligenza Artificiale è di calcolare la volontà generale (anzi, il bene generale) utilizzando i Big Data… I dataisti arrivano a sostenere che l’Intelligenza Artificiale ascolta meglio degli esseri umani». Il discorso è una forma lenta e inefficiente di elaborazione informatica. L’individuo un retaggio del passato. La politica inutile. La libertà obsoleta.

Il discorso che degenera in informazioni è la fine della democrazia. Hannah Arendt: «Hitler fece circolare milioni di copie del suo libro in cui affermava che per avere successo le menzogne devono essere enormi, cioè se non si accontentano di negare singoli fatti all’interno di un contesto di fattualità lasciato intatto, nel qual caso la fattualità intatta porta sempre alla luce le menzogne, ma se mentono sull’intera fattualità in modo tale che tutti i singoli fatti menzogneri in un nesso in sé coerente sostituiscano un mondo fittizio a quello reale».

Enormità e totalità delle menzogne producono nuova realtà. «Le teorie del complotto sono resistenti al factchecking. Ciò che le rende decisive non è la fattualità, la fatticità della verità di fatto, ma la coerenza narrativa che le rende credibili. Nella teoria del complotto come narrazione, la contingenza viene fatta sparire».

La resistenza è la parresia. L’ha detto Polibio, l’ha confermato Platone, ne ha parlato Foucault. Rilancia Byung-Chul Han: chi ama la democrazia deve avere il coraggio della parresia. «La parresia è il coraggio della verità. È l’atto politico per ecellenza. La vera democrazia, quindi, possiede un eroismo intrinseco. Ha bisogno di quelle persone che osano dire la verità nonostante tutti i rischi. La cosiddetta libertà di opinione, invece, riguarda solo la isegoria. Solo la libertà della verità dà origine a una vera democrazia. Senza di essa, la democrazia scivola nell’infocrazia».

Larga la porta, spaziosa la via dell’infocrazia. Stretta la porta, angusta la via della democrazia. A noi la scelta. Foucault: «Io penso che il futuro siamo noi a farlo. Il futuro è la maniera in cui reagiamo a ciò che accade, il modo in cui trasformiamo in verità un movimento, un dubbio». Chi ce l’ha.

Byung-Chul Han, Infocrazia, Einaudi