Diciotto anni fa, il 3 novembre, moriva mio padre, Pasquale Trecca. Oggi, a Foggia, una strada porta il suo nome.

Come ogni cosa anche una strada quando nasce è una scommessa sul futuro. Le città cambiano. Sono organismi viventi. Alcuni edifici decadono e muoiono. Altri sorgono. Certe zone si popolano. Altre si svuotano. Le strade guidano i nostri passi. In città ci muoviamo tra le costruzioni e i palazzi che le delimitano. Una strada è come il letto di un fiume. Noi siamo l’acqua che scorre, la vita che va di qua e di là, e ogni luogo riempie di sé.

  • C’è una nuova strada in città. Porta il nome di mio padre, Pasquale Trecca. È una perpendicolare di via Lucera. Andando verso la circonvallazione, il cartello spicca sulla destra fra il Don Uva e un distributore di benzina, a ridosso del quale c’è un supermercato. La strada è ampia ma al momento è solo un breve tratto. A sinistra ci sono delle palazzine di recente costruzione, basse e di bell’aspetto. Sono un nucleo di Borgo Croci Nord. Via Pasquale Trecca è uno dei lati del perimetro di questo quartiere.

Quasi di fronte, dall’altro lato di via Lucera c’è la palazzina comunale con la stanza dov’era la Condotta medica, presidio un tempo di sanità pubblica al servizio dei poveri, degli ultimi, di quelli che non avevano l’assistenza delle varie casse mutue. Una rete capillare. C’era un medico condotto in ogni dove, come i parroci. Oggi la Condotta medica non esiste più. La riforma del 1978 ha cambiato l’assetto della sanità pubblica. In una stanza di quell’edificio antico e ormai diroccato ma ancora fiero delle proprie forme di avventurosa armoniosità, mio padre ha lavorato per tanti anni, più di venti. È stato medico condotto, prima a Ordona, poi a via Lucera.

A lungo è stato rappresentante nazionale dei Condotti e poi dei medici del territorio che ne hanno sostituito la figura. In quello stesso arco di tempo è stato anche presidente dell’Ordine dei medici di Foggia. Durante uno dei suoi primi mandati fu costruita l’attuale sede dell’Ordine in via Acquaviva, da un po’ di anni l’auditorium porta il suo nome. Nel 1977 gli fu conferita la Medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica.

In via Pasquale Trecca ci vado qualche giorno dopo aver saputo della collocazione del cartello stradale. Ci ero già stato due anni prima quando fra alcune altre ci era stata segnalata anche questa possibilità. A tutti in famiglia sembrò subito la più giusta proprio per la sua congruità simbolica e affettiva: via Lucera per mio padre è stata casa sua e la condotta medica il suo mondo.

Al distributore di via Lucera ci sono tre persone. Gli vado incontro. Dico perché sono lì. Indico il cartello stradale. Accolgono con piacere la notizia. Al momento non ci sono clienti e possiamo chiacchierare un po’. Ci diciamo che in futuro via Pasquale Trecca potrebbe proseguire fino a via San Severo, anche se fra queste due porte della città nel mezzo corre il trenino per Lucera.

È una giornata di luce, spazzata dal vento. Sparse in cielo poche nuvole benevole. Svolto a destra dopo il distributore e mi inoltro in Borgo Croci. Pochi metri in linea d’aria ed è già lontano il traffico di via Lucera. Per le strade c’è quel tempo sospeso di mezza mattina quando nei quartieri residenziali la maggior parte degli abitanti è al lavoro o a far la spesa altrove, i bambini e i ragazzi a scuola e le persone in giro sono figure evanescenti e rade. Il quartiere ha una bellezza schiva, senza orpelli.

Tutte le strade di Borgo Croci sono un’articolazione di via Annino Gentile, che è la dorsale. Cerco in rete la biografia di Annino Gentile e trovo tratti comuni con quella di mio padre. Entrambi sono stati espressione di quella borghesia delle professioni, determinante nella ricostruzione anche morale del Paese. Annino Gentile, avvocato di prestigio, fu il primo presidente democristiano della provincia di Foggia nel 1950, abruzzese di Pescasseroli, si diceva figlio della transumanza.

  • Mio padre, invece, era figlio della piana del Tavoliere. Nel 1774 arrivarono in quattrocentoventi nelle terre dove poi sarebbero sorti i comuni dei Cinque Reali Siti (Ordona, Carapelle, Ortanova, Stornara e Stornarella). Erano «poveri e timorati di Dio» di vari paesi del Regno e gli furono assegnate le proprietà espropriate da Ferdinando IV ai Gesuiti. Fra loro anche i due fratelli Savino e Francesco Trecca. Dal duro lavoro nei campi, insieme al padre e ai fratelli, agli studi prima liceali, poi di medicina: tutto il Paese, in particolare nel dopoguerra, aveva voglia di riscatto, di progresso, di futuro e, come tantissimi altri, mio padre seppe guadagnarli per sé e la famiglia svolgendo la propria professione con disciplina ed onore. Slancio creativo, impegno tenace e lungimirante, spirito di comunità hanno sempre guidato la sua attività.

Don Giovanni Bosco è il nume tutelare di quest’area della città. Il santo dei giovani ti sorride da un gigantesco murale all’inizio di via Lucera. All’opera di don Giovanni Bosco si ispira il prezioso lavoro dell’Oratorio Centro Giovanile Salesiani della parrocchia del sacro Cuore di Gesù di via Lucera: nel mare burrascoso di questa zona della città, un’isola felice brulicante dell’operosità volontaria di una bella umanità. Don Giovanni Bosco lo ritrovi benedicente, in una statua al centro di Borgo Croci, in un parco che porta il suo nome incastonato fra i condomini con giochi e spazi attrezzati.

Poco oltre, svoltando a destra, arrivi alla fine del quartiere e t’affacci su un orizzonte aperto, terreni su cui un giorno ci saranno altre case, altro fervore di vita. Ora, però, lo sguardo corre libero fino a incrociare all’altro estremo della città i caseggiati di via San Severo e ancora oltre il lontano Gargano. Invece a destra, dove Borgo Croci Nord comincia, c’è una strada nuova. Porta il nome di mio padre. Via Pasquale Trecca.

(Le informazioni sui Cinque reali siti sono ricavate da I figli del gesuita di Franco Mercurio, Grenzi editore)