Alla fine ho pianto. Per tante ragioni. La prima. La città e le sue mura incerte fonde realismo e magia in un’indicibile, vertiginosa dolcezza che intender non la può chi non la prova.
Il nuovo romanzo di Murakami è una storia d’amore: assoluto, felice, quieto e disperato. Arreso e ostinato. È l’amore senza scampo di chi nell’altro cerca se stesso perché sa che in quell’altra metà è la propria verità.
- La città e le sue mura incerte comincia così. Lui ha diciassette anni, lei sedici. Non vivono vicini. Lui in una tranquilla periferia residenziale a due passi dal mare, lei nel centro di una metropoli prospera e animata. Si incontrano una o due volte al mese ed è un continuo incanto: «Quando mi sono seduto accanto a te, ho provato una strana sensazione: migliaia di fili invisibili sembravano tenerti strettamente legata al mio cuore. A farlo vibrare bastava un battito delle tue ciglia, un lieve tremito delle tue labbra». Il domani insieme è vago come un sogno: «A me piace moltissimo stare qui, da sola, ad aspettarti… penso a dove andremo, a cosa faremo… abbiamo infinite possibilità davanti a noi. Non credi?».
Un giorno lei gli dice di una città dalle alte mura «non tanto grande ma neanche tanto piccola da entrare tutta nel campo visivo». Gli dice che quella città ha un bel fiume e tre ponti di pietra, una biblioteca, una torre di guardia, una fonderia inattiva e degli alloggi collettivi ben costruiti.
Poi aggiunge: «In realtà la vera me stessa è lì che vive, in quella città dalle alte mura», dove si può entrare solo lasciando la propria ombra e dalla quale, una volta entrati, nessuno può più uscire. Dunque, lei tanto amata è solo una sbiadita immagine di sé. Niente più che la sua ombra, sperduta chissà come nel mondo reale. In quella città, fuori dal tempo, con in piazza un grande orologio senza lancette, lei lavora nella biblioteca che però non ha libri, ma vecchi sogni dalla forma di grandi uova. Quei sogni attendono che qualcuno li legga, e a suo giudizio lui ha i «requisiti» per farlo. Il ragazzo decide così di andare di là, nella città dalle alte mura.
Sembra molto, ma non è nulla: solo una breve e volutamente lacunosa sintesi delle primissime pagine delle 552 del romanzo, né diremo altro dei numerosi e sorprendenti sviluppi della trama. Diciamo, invece, che la commozione ci ha stretto il cuore in una morsa quando abbiamo letto di questa necessità-voglia-possibilità di staccare l’ombra da sé o da terra per accedere a un’altra dimensione, quota o punto di vista. Visione è la parola chiave di questo romanzo, e non solo, perché di fatto in narrativa è sempre così: si parte dalla realtà, poi si stacca l’ombra e si finisce altrove, fra le nuvole o al di là delle mura. Dalla nuova altezza o latitudine della sua creatività l’autore vede con occhi diversi dai nostri e ci racconta un mondo reinventato dalla sua immaginazione e magicamente più vero di quello ordinario. La letteratura è visionaria.
A pagina 484 i due ragazzi parlano di García Márquez e di una pagina de L’amore ai tempi del colera. Lei dice: «Quello che io penso, però, è che secondo i criteri della critica può darsi che sia realismo magico, ma per García Márquez forse non è così, forse per lui è semplice realismo. Nel mondo in cui viveva lui realtà e irrealtà si confondevano tutti i giorni, e ha descritto quell’atmosfera così come la vedeva. Non credi?» E lui: «Vuoi dire che nel suo mondo realtà e irrealtà sconfinavano una nell’altra, si equivalevano, e García Márquez si è limitato a metterlo per iscritto?» Lei: «Sì, dev’essere proprio così. Ed è quello che mi piace di più, nei suoi romanzi».
Sempre uguale è la dinamica della creatività, ma infinite le sue vie. Anche scienza e tecnologia fanno rima con arte e letteratura. 1994, Daniele Del Giudice pubblica Staccando l’ombra da terra. Peraltro – ci informa Murakami nella postfazione – La città e le sue mura incerte nasce da un nucleo iniziale di quarant’anni fa. Di fatto, da una parte all’altra del mondo negli stessi anni i due autori lavoravano su un’uguale suggestione dandole sostanza in modo del tutto differente. Ciascuno secondo la propria sensibilità.
Il narratore del romanzo di Murakami legge vecchi sogni nella biblioteca della città dalle mura incerte nella quale è entrato staccando l’ombra da sé. Daniele Del Giudice, pilota, legge gli strumenti di bordo di un aereo per prendere il volo staccando l’ombra da terra. Entrambi cercano e trovano uno sguardo diverso sulla realtà. Una visione.
- Daniele Del Giudice vede il cuore metafisico della tecnologia nei nuovi oggetti di luce della nostra quotidianità. Con una scrittura enigmatica e onirica, raffinata e malinconica ma di cristallina fluidità e immediatezza emotiva, del proprio protagonista Murakami annulla ogni confine interiore, ogni tempo della sua età e in una metamorfosi continua ne ridefinisce incessantemente il profilo, come la città dalle mura incerte si dilata e si contrae cambiando senza sosta il suo perimetro. Il romanzo di Murakami accomuna in uno stesso respiro vitale persone e cose. Tutto è uno. Anche i morti.
È a questo punto che ho ceduto al pianto. Del resto, la lettura è uno spazio solitario di libertà, perché contenersi? Celeste è questa persistente capacità della letteratura di creare in forme sempre diverse una corrispondenza d’amorosi sensi con i defunti ridando loro verosimiglianza di vita. Succede, nel romanzo di Murakami, con soffusa grazia e colloquiale intimità.
I grandi autori hanno questo coraggio e questa forza creativa. L’hanno avuta, per esempio, di recente, Paul Auster nel suo ultimo romanzo Baumgartner in cui il protagonista, un vedovo settantenne, è in continuo dialogo con la moglie, ed Emanuele Trevi che ne La casa del mago, attraverso i suoi libri e le sue cose, ritrova il padre.
Vita e morte è solo un gioco di ombre. La città e le sue mura incerte è un capolavoro. Una nuova metafisica dei sentimenti: «Il mio dolore, tuttavia, non era quello che si prova nel perdere una persona cara. Era una sorta di quieta e misteriosa sofferenza che potrei definire metafisica. Una sofferenza priva di un vero dolore. Soltanto un puro senso di mancanza».
Murakami Haruki, La città e le sue mura incerte, Einaudi