La grande letteratura è sempre prodiga di doni. Cerchi un libro, ne trovi due. Il mio amico Enzo – sempre sia lodato per i tanti consigli di lettura che mi ha dato – mi dice: Tempesta di Romain Gary è eccezionale, sei racconti, ognuno con un riferimento e uno stile diverso. Il primo, per esempio, quello del titolo, è Conrad.
Cerco Tempesta in libreria e mentre giro fra pile e scaffali mi cade l’occhio su… I mostri di Einstein di Martin Amis. Comincio a sfogliarlo. Ancora racconti, cinque. Leggo nella presentazione dell’autore: «Il saggio introduttivo, Pensabilità, è polemico, ma i racconti che seguono sono stati scritti al solito scopo: ovvero, senza alcuno scopo – eccetto, presumo, quello di dare piacere, vari tipi di piacere complicato». Ottimo. Dice ancora Amis di aver scritto questi racconti in due anni mentre nei sedici precedenti ne aveva scritti solo quattro, e poi nessuno più. Il libro è stato già pubblicato in Italia da Mondadori nel 1988, traduzione come adesso di Andrea Kerbaker e Sarah Thorne.
- Saggia e tempestiva la riedizione: Martin Amis, purtroppo, è morto nel 2023, settantaquattrenne, l’anno scorso ha avuto grande successo di critica e di pubblico il film La zona di interesse, tratto da un suo romanzo. Ma c’è di più: l’estrema, funesta, attualità del libro è nel tema dei racconti che il risvolto di copertina definisce «preapocalittici» perché raffigurano un mondo devastato non da una guerra nucleare ma da un’incombente minaccia atomica.
Lo prendo. Recupero anche Tempesta (traduzione di Riccardo Fedriga) e vado alla cassa. Tornando a casa, penso: in Tempesta echeggia un riferimento o uno stile diverso e questo ne moltiplica in modo esponenziale il fascino. Amis «alcuni debiti» li evidenzia e li salda subito nella breve introduzione. Nomi grossi, perlopiù: Saul Bellow, J. G. Ballard, Kafka, Nabokov, Borges, Rushdie; ma anche, gli sconosciuti per noi: Piers ed Emily Read, Jack e Florence Phillips.
Per certi scrittori – penso – davvero il Paradiso è una sorta di biblioteca (Borges) in cui essi passano ogni giorno da un libro all’altro come noi passeggiamo per le vie della nostra città. Noi, però, quando incontriamo qualcuno per strada, salutiamo, parliamo, facciamo qualche commento in testa nostra… e stop: loro, invece, quelli che in terra vivono nel Paradiso dei libri, quando leggendo incrociano qualcuno interessante, centrifugano e metabolizzano ogni suggestione e di quella roba lì fanno un trampolino per… tuffi acrobatici con coefficiente di difficoltà altissimo, anche 3.6, il massimo.
- Elegante è il primo aggettivo che mi viene in mente non appena comincio a leggere I mostri di Einstein. Eppure il contenuto della riflessione iniziale e poi dei racconti è… esplosivo. La tesi del saggio è che prima ancora di un loro (nuovo) uso (solo «l’arsenale sovietico può uccidere 22 miliardi di uomini… potrebbe, se ci fossero… I nostri leader continuano a detenere i mezzi per far accadere l’impensabile. Contemplano l’impensabile, a nome nostro»), senza che ancora ce ne rendiamo conto, le armi nucleari hanno già stravolto la nostra psiche: «Un uomo con la canna di pistola ficcata in bocca può anche vantarsi di non pensare mai alla pistola. Ma ne sente in continuazione il gusto».
«Il mondo è invecchiato. Il mondo ha fatto e visto di tutto. Ragazzi, è messo male», dice Bujak nel primo, stupendo, racconto. Bujak è un gigante buono, una figura biblica. Evangelica. Ha la feroce possanza del Padre, l’innocenza del Figlio. È la scultorea, palpitante incarnazione di un’utopia. Quando dal profondo delle viscere la vita praticamente gli impone di scagliare contro altri la bomba atomica della sua violenza, lui ha la forza forte (il titolo è Bujak e la forza forte o Il dado di Dio) di fermarsi e dire No perché «bisogna pure che qualcuno faccia il primo passo. Il primo passo».
Com’è che con un contenuto così forte, mi torna continuamente in mente l’aggettivo elegante? Che vuol dire scrittura elegante? Mi rispondo al terzo racconto, La malattia del tempo. Stupendo anche questo. Eleganza è l’immediatezza, la raffinata disinvoltura, le fila serrate della coerenza, la naturalezza con cui in poche parole vengono dette cose ardue e controintuitive come fossero evidenti sotto gli occhi di tutti. Come fossero ovvietà.
Il racconto in questione è il rovesciamento di un paradigma: in un mondo fuori asse la malattia del tempo è la giovinezza. Si invecchia e si muore diventando giovani. Eppure, come un lampo, anche in questo grigiore di vecchiezza giovane c’è l’irrefrenabile impulso dell’amore: «Mi mossi, pronto a farle avere tutto quello che testa e mani potevano darle, finché non sentii anch’io la febbre nelle vene, il rigoglio e l’odore di gioventù e morte. È un suicidio, pensai, e me ne frego… Tesoro, dissi ad alta voce e andai a raggiungerla. Mi piace, pensai, e improvvisamente annuii. Cosa mi piace? Mi piace l’amore. È un suicidio e me ne frego». Nessuno è mai morto d’amore così.
Eleganza è un barbaglio nel buio più nero. Lo ritrovo in ogni racconto di Gary. Nel primo è l’amore che travolge come una tempesta tropicale la volontà morale di un uomo e la generosità incosciente di una donna. Nel secondo è un finale aperto di maestria assoluta che rimescola le carte della determinazione suicida del protagonista. Oppure è una giovane francese, bionda e minuta, nella foresta tropicale con barboncino e grammofono, fra un pugno di uomini impegnati nella costruzione della ferrovia.
Eleganza è quando riesci a mettere in ogni pagina tanta vita domandone la tragedia con amare e brillanti sferzate di dolente ironia: «Sono gli ultimi e sono matti. Soffrono di un’allucinazione collettiva. Davvero, è una cosa folle. Credono tutti di essere… di essere eterni, di essere immortali… Aspettate, vorrei dire. Non ancora. Siate prudenti – vi farete male. Per favore provate a restare qui ancora un po’. Presto ve ne sarete andati tutti e sarò solo per sempre. Io… Io sono l’Immortale».
Loro, Amis e Gary, loro sono Gli Immortali, e ci saranno ancora quando ce ne saremo andati tutti. Prima del tempo. Nonostante l’accorata preghiera di Amis, nell’ultimo dei suoi cinque racconti che in pochissime pagine ripercorre la storia dell’universo e dell’uomo in moto accelerato come in un video time-lapse.
Martin Amis, I mostri di Einstein, Einaudi, traduzione di Andrea Kerbaker e Sarah Thorne
Romain Gary, Tempesta, Neri Pozza, traduzione di Riccardo Fedriga