Una delizia. Liberata di Domenico Dara è una delizia, si legge con la stessa immediatezza di abbandono e ricchezza di emozioni di un classico dell’Ottocento, metti, per esempio, Madame Bovary, nume tutelare dell’autore – che già le aveva reso omaggio in Malinverno – e della sua nuova protagonista.

  • In realtà, Liberata non legge romanzi, all’eroina di Flaubert ci arriva in modo del tutto casuale e avventuroso. Liberata legge… fotoromanzi. Li legge tutti. Proprio tutti: Idillio, Kolossal, Letizia, Sabrina, Marina, Charme, Noidue, Le avventure di Jacques Douglas… Trepida per storie tipo: Il mio destino ha un cuore antico, Ognuno ha la sua isola felice, Il ragazzo dalla tuta sporca, Metti una tigre nel motore, Occhi di fuoco, cuore di ghiaccio, Buongiorno tristezza, Lettera d’amore a uno sconosciuto, Quella che leggeva il destino… I fotoromanzi Liberata li legge, li conserva in bell’ordine e li rilegge. Sono il suo mondo. Per l’altro, quello di ogni giorno, si sente inadeguata. Troppo fragile. Nei fotoromanzi alla fine le storie hanno una conclusione, se non lieta, logica. Questo la rassicura. Della vita non si fida.

Attori e attrici della casa editrice Lancio, sono loro le sue anime gemelle: Franco Dani, Michela Roc, Adriana Rame, Luciano Francioli, Kirk Morris, Claudia Rivelli… Liberata è espressione altissima, rara e preziosa, di una certa innocenza  sentimentale ormai irrimediabilmente perduta. C’erano un tempo le groupie delle rock star, metti, per esempio, i Beatles e i Rolling Stones, per Liberata, stenografa, e la sua amica Giuditta, che gestisce un negozio di abbigliamento, c’è solo lui, il più bello di tutti, Franco Gasparri. Liberata ha la passione della fotografia, scatta continuamente istantanee, quelle più evocative le firma con il nome di Liberty e le manda all’attore appuntando sul retro didascalie adeguate tipo, la prima volta: Il mio piccolo universo… C’erano un tempo i grandi raduni rock, per Liberata e la sua amica Giuditta Woodstock è a Reggio Calabria, a tre ore di macchina da casa: lì ci sarà un incontro a teatro con attrici e attori della Lancio, fra cui, naturalmente, Franco Gasparri. Per Liberata e Giuditta quell’incontro sarà un’indelebile scintilla di felicità.

  • Poi all’improvviso accade l’amore e, incredibilmente, sembra proprio quello sognato. Ma davvero? Troppo bello. Lui si chiama Luvio, è il nuovo aiutante dell’officina di papà Oreste. È di un paese vicino. Di lui si sa poco o nulla, ma sembra a tutti un bravo ragazzo: papà Oreste dice che è un gran lavoratore e ci sa fare con le moto; mamma Agata, così fredda con Liberata («Ogni occasione per Agata era buona per rovesciare la malcontenza che le mangiava il corpo»), è invece molto affettuosa con Luvio, che bacia la medaglietta della collanina e si segna con la croce ogniqualvolta, per esempio, si nomina Sant’Antonio, la rock star di Agata, responsabile e front-woman della relativa congrega.

Insomma, disco verde a casa e in paese, Glauco, l’edicolante, riferisce che Luvio ha cominciato a leggere i fotoromanzi prima tanto derisi e Giuditta informa Liberata che Luvio ha comprato una camicetta e una gonna della sua taglia. Segni inequivocabili. Approvano la relazione anche i tarocchi, assicura la maga. Liberata prende il volo e, dunque, tenerezza, dubbi («Non passava giorno senza che un dubbio ne uggisse l’umore»), slanci, tremori e pudori, ingenuità e abbandoni. Lei lo scrive anche a Franco Gasparri, ringraziandolo perché quell’amore in parte è merito suo, a sognare gliel’ha insegnato lui.

  • Insieme a Liberata, la cui voce solista risuona in ogni pagina con magistrale finezza, c’è un piccolo ma rappresentativo coro di parlanti popolari. Senza equivoci, banalità e scorciatoie populiste e manichee, Domenico Dara racconta una comunità di quell’Italia interna, umile, sana e laboriosa, alle prese con l’irruzione della modernità tra inquietudini, speranze, contraddizioni e divisioni, «C’è chi ammira il mondo e lo attraversa senza l’insana ambizione di cambiarlo». Siamo in prossimità del referendum sul divorzio (maggio 1974) in un piccolo paese dell’entroterra calabrese in provincia di Catanzaro.

È comparsa una radio libera piuttosto misteriosa (Radio Alternativa 71, la radio dalla parte dell’umanità), poi una grande stella a cinque punte vicino alla farmacia, intanto qualcuno mozza le teste alle statue della Madonna nelle chiese dei paesi limitrofi. Ci sarà a breve una manifestazione regionale contro ogni forma di violenza. L’organizzatore è Glauco, responsabile cittadino del Pci. Di lì a pochi giorni comincerà anche il mese santo, con tripudio di festa del paese perché in quell’occasione la nobile famiglia Caracciolo donerà tutti i propri ori alla chiesa, una somma ingente.

Il giallo, dunque, non è solo sentimentale ma anche politico-sociale con venature criminali. È tanto, ma non è tutto, anzi… Quello che conta di questo e degli altri romanzi di Dara è, infatti, la qualità della scrittura, la sua forte ma ben calibrata espressività. L’espressività senza controllo è retorica, ma Dara spazia con garbo e disinvoltura da un registro all’altro. Acute note psicologiche in apertura di capitoli, il primo comincia così: «Credeva a tutto quello che non si vede. Credeva al destino già scritto, all’anima che vive dopo la morte, al malocchio che colpisce, all’invidia che affama, a certi pensieri che spostano gli oggetti, alle voci dei defunti, ai sogni che si avverano, al potere misterioso della luna, alle vite che non sono accadute ma che lo stesso ci perseguitano». Chiusure musicali in rima baciata o variamente assonanti con il nome Liberata, come un refrain:

«Certe volte sembri proprio imbambolata, concluse Giuditta.

Imbambolata.

Che poteva essere anche un bel nome per chiamarsi, pensò.

Imbambolata.

Imbambolata Macrì».

E poi a seguire Illuminata, Malinconica, Impietrita, Disabituata, Destinata, Ingannata…

Nel precedente romanzo, Malinverno, Dara aveva assecondato un certo slancio visionario con moltiplicazione esponenziale delle storie, perlopiù fantastiche. In Liberata la trama è circoscritta, chiusa in un ben presidiato recinto realistico, lo slancio è filosofico con lettura dei comportamenti umani sub specie entomologica. Un punto di vista estremamente efficace. Siamo parenti degli insetti, più che delle scimmie. Con buona pace di Darwin.

Domenico Dara, Liberata, Feltrinelli, pagg. 381, € 19