Succede questo. Leggo: il giorno tot all’Auditorium Parco della Musica Javier Cercas presenterà il suo nuovo libro. Tanto mi basta. Non faccio caso a tutto il resto, nemmeno al titolo. Guardo solo l’ora, le 18, e decido. Ci sarò.Certo che il libro in questione sarà il quarto con Melchor Marín. L’attendevo, questo romanzo, dopo Terra Alta, Indipendenza e Il castello di Barbablù. Tre gioielli narrativi. Da leggere, assolutamente. Nella stessa sequenza in cui sono stati scritti.

  • Barcellona, Melchor Marín, infanzia e giovinezza travagliata, precoce iniziazione criminale, in carcere legge I miserabili. La sua vita cambia. Appena libero, si arruola in polizia. Sventa un attentato. Diventa un eroe. Per proteggerlo, i suoi capi lo mandano in una zona interna. Melchor ormai è un lettore appassionato e a Gandesa, capoluogo della Terra Alta, la sua nuova destinazione, frequenta regolarmente la biblioteca. Conosce la direttrice, nasce un amore.

Queste le prime battute di Terra Alta, l’inizio della storia di Melchor. Poi nella sua vita tanti altri colpi di scena e in ogni libro una vicenda poliziesca a tinte forti. Temi di grande spessore sociale: crimini sessuali, arroganza dei potenti e corruzione di politici e classe dirigente. Interrogativi laceranti: qual è il confine fra giustizia e vendetta? Quando la forza degenera in violenza? Se lo Stato è impotente, è giusto che dei singoli si sostituiscano ad esso? Le leggi della morale sono interpretabili o incontrovertibili? Quanto incidono i comportamenti individuali nel funzionamento delle istituzioni? Quel poco che ognuno può fare è niente o è tanto? Infine, ogni libro un’altra lettura insieme a Melchor. Dopo I miserabili, Michele Strogoff di Jules Verne, quindi Fumo e Memorie di un cacciatore di Turgenev. Capolavori.

  • Insomma, ero pronto ad incontrare un mito letterario per interposta persona del suo autore. E invece. Oddio, è il caso di dire, niente Melchor Marín, ma… papa Francesco. Per farla breve. Seduto in sala apprendo che il nuovo libro di Cercas, oggetto della presentazione, è Il folle di Dio alla fine del mondo ed è un racconto del viaggio dell’autore in Mongolia al seguito di papa Francesco… ecco perché tanti collarini sacerdotali nelle prime file! Pareva strano. Vabbè, è andata. Godiamocela.

Cercas è brillante. Esordisce con una citazione, molto simpatica, più o meno questa: Scusatemi, io parlo italiano, ma lo parlo in spagnolo – ndr. in realtà l’italiano lo parla… in italiano. Quindi spiega la stranezza per cui proprio a lui, autore dichiaratamente ateo, è stato chiesto di scrivere un libro sul papa, ragione questa della sua partecipazione al viaggio in Mongolia. Interessante.

Cercas, però, conquista tutti quando spiega perché lui, autore dichiaratamente ateo, ha accettato quella proposta. L’ha fatto, dice, per avere l’occasione di un breve colloquio a tu per tu con il papa in modo da potergli rivolgere una domanda affidatagli dalla madre. Questa: c’è davvero la vita eterna e la resurrezione della carne dopo la morte? Rivedrà la madre suo marito (ai figli: «Perché a voi voglio bene, ma a vostro padre di più») come lei è fermamente convinta accadrà?

«Il più importante scrittore civile d’Europa» (Aldo Cazzullo) centra la questione: alla religione noi chiediamo l’aldilà, il resto è robetta e ce la possiamo sbrigare da soli. Ma allora perché, riflette Cercas, a questo papa chiedono sempre, quasi soltanto, di politica e a destra e manca lo giudicano con questi nostri menomissimi parametri mondani? A dire il vero lo fa anche lui, per esempio quando critica papa Francesco per la sua opposizione alla favoletta geopolitica del lupo cattivo russo che vuole sbranare l’agnellino ucraino, e a seguire tutta l’Europa fino a Lisbona.

  • Da ottimo autore di gialli qual è, Cercas sa bene come alimentare la tensione. Per tutto l’incontro, quindi, martella, rilancia e, naturalmente, non risponde. È poi riuscito durante il viaggio in Mongolia, lui autore ateo, a parlare dell’aldilà a tu per tu con il papa? E nel caso, qual è stata la risposta alla domanda di sua madre? Comprare e leggere per sapere. E leggere fino all’ultima pagina perché certe cose, si sa, si dicono alla fine. E va bene, Javier, hai ragione. Compro il libro e lo metto sul comodino.

Sono i primi giorni di aprile. Poi il lunedì dell’Angelo succede quello che sappiamo. L’onda d’urto dell’emozione collettiva mi dice che quello è il momento. Apro il libro e leggo. Il folle di Dio alla fine del mondo (traduzione di Bruno Arpaia) è un testo di straordinaria complessità in cui senza soluzione di continuità innumerevoli temi si intrecciano fra loro con fluida e accattivante discorsività.  Non solo, quindi, il racconto di un viaggio e di una terra alla fine del mondo ma attraverso tanti incontri e dialoghi il folle senza Dio guida chi legge alla scoperta del mondo «eccezionale» della Chiesa cattolica. Una rivelazione. Per tutti, per il colto e per l’inclita. Senza vincoli di fede, con piglio critico e testardo di bastian contrario, Cercas si addentra nel segreto del suo essere, la Chiesa, «indistruttibile» nonostante «un linguaggio vecchio, ossidato, kitsch e a volte incomprensibile».

Il folle di Dio alla fine del mondo è, comunque, prima di tutto, una biografia ricchissima con tutte le età e le sfaccettature di una vita perché Cercas racconta papa Francesco con rispetto e ammirazione (gioiosità, ironia, schiettezza, umiltà, modestia…) ma cerca nella storia di Jorge Mario Bergoglio le impronte culturali del nostro tempo (Vaticano II, Teologia della Liberazione, marxismo, peronismo, antiamericanismo…). Cerca le crepe e i risvolti umani degli errori, delle contraddizioni, delle sconfitte, dei cambiamenti, degli slanci e delle incertezze, «paragonata alla fede di mia madre, quella di papa Francesco mi pare un po’ dubbiosa». Per chi crede è un dono ma per Cercas anche quella spirituale è una grandezza che si conquista giorno per giorno lottando con se stessi.

Il folle di Dio alla fine del mondo è una riflessione su letteratura e religione, cardini della vita dell’autore: «… sono uno scrittore perché ho perso la fede… la letteratura diventò per me un succedaneo della religione… durante la mia infanzia cattolica, non avevo conosciuto l’angoscia, l’ho scoperta nel momento in cui ho perso Dio».

La verità è che vorremmo certezza della vita eterna, con «firma suggellata e bulla del pontefice in Gotico-Latino», per avere pace sulla terra. Ma pace non ce n’è. Come l’isola non trovata, quella che, secondo Guccini, «bella più di tutte, il re di Spagna s’ebbe da suo cugino il re di Portogallo». Pace interiore non ce n’è, nemmeno per chi crede. Il cardinale Ravasi, in un incontro pubblico con Cercas: «C’è stato un tira e molla dialettico, un po’ ironico ed estremamente cordiale, in cui il prelato ha insistito sulle incertezze e le lacerazioni della fede e io ho insistito sulla pace che fornisce o dovrebbe fornire».

La religione è follia, comunque. L’uomo folle di Nietzsche ne La gaia scienza grida «Dio è morto, e noi l’abbiamo ucciso!» e non si capisce se è felice o disperato. «Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? […] Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? […] Non è troppo grande per noi la grandezza di quest’azione?».

All’altro estremo «i folli di Dio», i missionari, sei o settemila sparsi per il mondo, «la parte più nobile e più pura della Chiesa… Sono sempre stati contro Roma, contro il Vaticano che gli sembrava orribile; finora, perché sentono che Francesco è dei loro, e perciò sono quelli che più lo difendono».

Lorenzo Fazzini, responsabile della Libreria Editrice Vaticana (LEV), fa tanti e tanti nomi, storie incredibili («rispetto a queste persone ti senti ridicolo, Javier… Quando finisci questo libro dovresti scrivere di loro»), poi racconta a Cercas la storia di Annalena Tonelli, una missionaria laica che lavorava in Somalia, assassinata nel 2003, «una donna coltissima. Aveva studiato in Svizzera e negli Stati Uniti, le sue lettere sono state pubblicate, sono una meraviglia, di una profondità intellettuale enorme, c’è chi l’ha paragonata a Simone Weil e a Etty Hillesum… quella donna è stata una miscela straordinaria di azione e riflessione».

Beati i folli… credenti, atei o papi che siano. Loro è il Regno dei cieli… se esiste.

Javier Cercas, Il folle di Dio alla fine del mondo, traduzione di Bruno Arpaia, Guanda