La Storia è un cecchino, se ti punta sei finito.
Nei suoi due splendidi Il tempo di vivere con te e La bambina che non doveva piangere (due libri splendidi perché sono luce di verità) Giuseppe Culicchia scrive che suo cugino Walter Alasia e la madre Ada Tibaldi erano nel mirino della Storia da molto tempo prima che il loro destino si compisse.
I fatti. Walter Alasia, ventenne, da circa diciotto mesi milita nelle Brigate Rosse. Ha partecipato alle lotte studentesche, poi è stato nel gruppo di nuova sinistra Lotta Continua, quindi ha scelto la lotta armata e con Renato Curcio, capo dell’organizzazione clandestina, si è addestrato nelle valli del bergamasco. Già da un anno è seguito dalla polizia che lo ha individuato grazie ad un paio di occhiali da vista dimenticati in un covo di Pavia.
Walter sta per entrare in clandestinità. È stato assegnato dall’organizzazione alla colonna romana. Da un po’ è quasi sempre fuori, giorno e notte. Il 14 dicembre torna per salutare un’ultima volta la madre e si ferma a dormire a casa. La mattina dopo deve raggiungere Firenze, poi Roma. La polizia ha intercettato le sue telefonate, sa tutto. Il sostituto procuratore Emilio Alessandrini già da tempo ha spiccato il mandato di cattura.
All’alba di mercoledì 15 dicembre 1976 dieci poliziotti si appostano agli angoli del caseggiato popolare di via Leopardi 161 a Sesto San Giovanni. Altri cinque fanno irruzione nell’appartamento degli Alasia al piano rialzato. Walter apre il fuoco e uccide. Muoiono il maresciallo Sergio Bazzega e il vicequestore Antonio Padovani. Poi Walter salta dalla finestra. Una raffica di mitra lo colpisce alle gambe. Resta inerme sul selciato. Grida: «Mamma! Mamma! Aiutami!». Un poliziotto lo uccide con un colpo al cuore. Più tardi all’ospedale, il questore Sciaraffia si congratula con lui.
Il sostituto procuratore Emilio Alessandrini, restituendole il giaccone di pelle che Walter portava quella mattina, dice ad Ada Tibaldi: «Signora, se la cosa può confortarla sappia che suo figlio ha ucciso solo uno dei nostri. L’altro ce lo siamo ammazzati noi, per errore. E comunque ringrazi che suo figlio è morto, perché non sarebbe più stato buono neppure per il manicomio». Il 29 gennaio 1979 Emilio Alessandrini sarà assassinato da un commando di Prima Linea. Aveva trentasette anni.
Walter Alasia che con fredda determinazione spara e uccide e il poliziotto che con spietatezza lo giustizia sono forse il punto più doloroso e tragico dei cosiddetti anni di piombo: espressione di una contrapposizione brutale, umana prima ancora che politica. Il tempo di vivere con te e La bambina che non doveva piangere, il primo dedicato al cugino Walter, l’altro alla zia Ada, hanno spessore storico e rigore documentario, lucidità d’analisi e fermezza di principi ma sono soprattutto due libri pieni d’amore.
A cominciare dall’amore, che questi due libri muove, dell’autore per il cugino Walter di nove anni più grande: un gioiello di tenerezza e intesa incastonato nella rete affettiva a maglie strette delle famiglie Alasia e Culicchia, fra di loro congiunte attraverso le sorelle Ada ed Elisabetta Tibaldi di Nole Canavese, venti chilometri da Torino. La prima sposa di un operaio di Sesto, il papà di Walter, la seconda di un barbiere siciliano, il papà dell’autore.
- Dai campi e dai boschi del Canavese alla Stalingrado operaia di Sesto con incorporata l’emigrazione meridionale degli anni del miracolo economico, dalla miseria e dalle violenze della guerra mondiale alla stagione delle lotte studentesche e di classe, l’album delle famiglie Tibaldi-Alasia-Culicchia (nei due libri ci sono anche diverse foto) è un pezzo di storia di quella meglio Italia proletaria, sana e laboriosa, spina dorsale del Paese. Di questa Italia Walter Alasia sognava di essere l’alfiere del riscatto: «Mamma, arrivati a questo punto, la lotta di liberazione della classe operaia contro il capitalismo imperialista e contro questo Stato stragista e mafioso si fa solo con le armi… Io non voglio un futuro alla catena di montaggio… E che cosa vuoi, figlio mio?… La rivoluzione».
- «Eppure – scrive oggi il cugino Giuseppe – hai letto, studiato. Lo sai perfettamente che una rivoluzione in Italia non c’è mai stata… In Italia non è mai tempo di rivoluzioni. C’è semmai chi gioca a fare il rivoluzionario. Tu no. Tu che ami tanto scherzare questa cosa l’hai presa sul serio, troppo». Walter era bello e generoso. Aveva gli occhi azzurri della madre. Era estroverso e spaccone. La Storia lo ha illuso e si è presa gioco di lui, ne ha fatto uno strumento di morte e poi lo ha liquidato con un colpo al cuore. Walter Alasia è stato un assassino, non un mostro. Non voleva finire in prigione a nessun costo. Non voleva essere massacrato di botte come il ventunenne anarchico Franco Serantini. Ha ucciso ed è stato ammazzato sul selciato del cortile di casa.
Ada Tibaldi era nata con un labbro leporino. A tre mesi i suoi l’avevano fatta operare per porvi rimedio. Un medico ai genitori: «Questa bambina non deve piangere altrimenti si riapre la ferita». Dopo la morte del figlio Ada Tibaldi ha pianto per otto anni, poi le è scoppiato il cuore. Aveva cinquantadue anni.
In una foto del libro è ritratta in un corteo in testa alle compagne della Sapsa, gruppo Pirelli, con la bandiera rossa in pugno. «Ma sei matta a metterti sempre in prima fila?» E lei al marito, anche lui operaio con tessera del Pci: «Guarda, Guido, io quando sto in quella marea di tute blu che lotta per vedere riconosciuti i propri diritti mi sento felice, non so che farci. E non intendo rinunciarci».
Perciò Walter si era confidato con lei vincolandola al segreto. Chissà quante volte poi Ada si sarà rimproverata di non averlo fermato, addirittura denunciato. Lei che si era lasciata convincere a fare insieme a lui da palo a Renato Curcio in un’azione di recupero documenti da un covo insicuro. Ma per quel figlio – diceva – se si fosse fatto prete sarebbe andata a messa ogni domenica. L’amore che li legava era troppo forte.
La Storia sapeva tutto, da sempre. Sapeva che quei due cuori erano un terreno fertile per le sue manovre, perciò mossa dopo mossa, come in una partita di scacchi, li ha portati a schiantarsi con la morte in quell’alba tragica del 15 dicembre 1976. Poi sogghignando compiaciuta ha detto: le responsabilità sono individuali, Walter Alasia ha sparato, è un mostro.
«Non si tratta di giustificare gli omicidi e le gambizzazioni e i sequestri delle Brigate Rosse, ma di comprendere. Ed è di tutto questo che Ada discuteva con Walter. Ma non si trattava per loro di deliri. In quella Sesto San Giovanni, così diversa rispetto a quella di oggi, Ada aveva provato sulla sua pelle che cosa significasse lo sfruttamento capitalistico. La lotta di classe non era un concetto da libro di storia o di sociologia, ma aveva a che vedere piuttosto con la vita quotidiana. Walter vedeva in Ada la donna e l’operaia sfruttata dal capitale. Walter quella pistola l’aveva presa in mano (anche) per Ada».
Giuseppe Culicchia ha esordito con grande successo nel 1994 (Tutti giù per terra), ha pubblicato una trentina di libri con i maggiori editori italiani, ma ha sempre saputo e, dopo aver incontrato Giorgio Bazzega, figlio del maresciallo ucciso da Walter, oggi dichiara: «Averlo incontrato ha dato un senso a tutto ciò che ho scritto, perché tutto ciò che ho scritto l’ho scritto per riuscire un giorno a scrivere prima Il tempo di vivere con te e poi La bambina che non doveva piangere».
I libri che contano non sono mai solo parole. Raccontando fatti pubblici, vicende domestiche e sentimenti privati con dolore, onestà e amore, Giuseppe Culicchia ha sconfitto e disarmato la Storia e ha restituito al Paese l’innocenza perduta negli bui dal sessantanove in poi. Noi non saremo perdonati se non sapremo meritarla, più di ogni cosa ci è necessaria, ma gli uomini intendono meglio ciò che è oscuro e divide. Onore e pace ai tanti morti di una parte e dell’altra. A loro chiediamo perdono (chiediamo: imperativo esortativo) perché quella Storia con la esse maiuscola che è un cecchino, quella storia siamo noi. Un abbraccio all’autore.
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te, Mondadori, 2021
Giuseppe Culicchia, La bambina che non doveva piangere, Mondadori, 2023