Gesù è patrimonio dell’umanità. In ogni cuore, o quasi, ce n’è uno diverso dall’altro. I volti di Gesù sono tanti. Da sempre.

  • Nell’introduzione del suo nuovo libro (Una trama divina) Antonio Spadaro, gesuita e direttore della rivista La civiltà cattolica, ne fa una sintesi mirabile: «Si può distinguere innanzitutto una letteratura che si concentra su una certa ricreazione psicologica o collocazione storica più o meno accettata (Strauss, Renan, Mauriac…). Quindi è possibile rintracciare un volto di Gesù inteso non solamente come un maestro di morale ma anche come il redentore (Pascal, Corneille, Lammennais, Bernanos e tanti altri). Esiste anche un’esaltazione del volto di Gesù tutto umano, un Gesù non Cristo o in contrapposizione con il Gesù della Chiesa (Voltaire, Hugo, Tolstoj…) o, al contrario, la repulsione per questo stesso Gesù umano (come in alcuni passi di Rimbaud che vede Gesù come “l’eterno ladro di energie”). Ritroviamo un volto mitizzato di Gesù in Budé, Ronsard, Rotrou, i quali accostano Gesù ad Ercole o Jouve e Pierre Emmanuel, dove troviamo analogie freudiane tra Gesù ed Orfeo. Esiste anche un Gesù idealista, sognatore o rivoluzionario (Hugo, Michelet…). Insomma, le interpretazioni e le variazioni libere sulla figura di Cristo non si contano».

 

D’accordo, però, la prima scelta è binaria. Ancora dall’introduzione di Antonio Spadaro: «O era Dio o era un mitomane». Questione di fede. Ogni altra opzione è susseguente. La fede… è una parola!

I fratelli Karamazov, libro primo, parte prima, cap. V: «Non sono i miracoli che inclinano il realista alla fede. Il vero realista, se non è credente, sempre troverà in sé la forza e la maniera di non credere neppure al miracolo: e se proprio il miracolo gli stesse dinanzi come un fatto inoppugnabile, egli magari non crederà ai suoi sensi, piuttosto che ammettere il fatto. Ché seppure, poi, lo ammetterà, lo ammetterà come un fatto naturale, ma tale che gli è ancora sconosciuto, e nient’altro. Nel realista, non la fede nasce dal miracolo, ma il miracolo dalla fede». O l’illusione del miracolo, come poi vedremo nel caso di Giuda.

Dai miracoli non nasce niente, camminando mano nella mano con Gesù «può nascere invece un fiore nel nostro giardino che neanche l’inverno potrà mai gelare» (Rino Gaetano). Lo stesso Gesù, rifiutando di trasformare le pietre in pane, l’esercizio del potere temporale su tutti i regni della terra e, infine, di buttarsi nel vuoto dalla cima del tempio, aveva rifiutato il miracolo, il mistero e l’autorità  affinché gli esseri umani lo amassero per consapevole e libera scelta e non perché asserviti a un potere superiore.

Una trama divina è un cammino con Gesù attraverso i Vangeli, e cioè la sua vita come ci è stata testimoniata, senza alcun’altra intenzione da parte dell’autore se non quella cinematografica di mostrarne alcuni momenti nella loro pienezza. Proprio per questa sapiente umiltà di racconto può accadere che tra le pagine del libro ci si imbatta nell’imprevisto della fede.

Una trama divina nasce da una rubrica settimanale di commento ai passi del Vangelo curata da Antonio Spadaro ogni domenica sul Fatto quotidiano.

Il primo intervento è sull’apparizione ai discepoli otto giorni dopo la crocifissione. Gesù dice: Pace a voi e mostra le ferite del suo corpo, le piaghe, segno inconfondibile del suo dolore, e anzi della sua morte. Mostra l’orrore, poi invita Tommaso, incredulo, a toccargli il fianco (Giovanni 20, 19-20). Commento: «La gioia vera scaturisce dal constatare che le ferite della vita non bastano a distruggerla, che le voragini della storia non sono l’ultima parola sulla vita del mondo. Ha ragione Tommaso a voler vedere le piaghe, altrimenti non può davvero godere della gioia. E Gesù comprende e acconsente».

Per virtù di scrittura Antonio Spadaro riesce a dar conto della misura umana del divino e, viceversa, a far trasparire il divino da gesti e azioni ordinarie della quotidianità.

Marco 5, 21-43. Gesù sta seguendo il capo della sinagoga che lo ha implorato di recarsi nella sua casa dove la figlioletta è moribonda. Tanta gente lo segue stringendosi a lui. Nella calca c’è una donna. Soffre di perdite di sangue da dodici anni, nessun medico è stato in grado di curarla, aveva speso «tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando» (Marco). La sua malattia è anche causa di emarginazione religiosa e sociale.

La donna tocca di nascosto il mantello di Gesù: «Quella mano – scrive Antonio Spadaro – cerca una grazia: sente che lì c’è una speranza». Subito dopo il contatto, la donna capisce di essere guarita perché, scrive Marco, sente che «si secca la sorgente del suo sangue». Gesù si rende conto «della forza che era uscita da lui», si volta e chiede: «Chi mi ha toccato?». La donna non si nasconde, si rivela e si prostra, e Gesù le risponde: «La tua fede ti ha salvata».

Padre Antonio Spadaro: «Il brano evangelico ci parla di un toccare nascosto agli occhi, e di sensazioni davvero intime. Il toccare implica il contatto diretto. Evoca il dono o il possesso. La fede è tattile, e coinvolge l’essere umano nella sua intimità fisica. La donna con le perdite di sangue vuole “possedere” Gesù, ma deve averlo voluto con fiducia. Quel tocco non è stato magia, ma una carezza mossa dalla fede. Se Tommaso davanti al Risorto afferma “se non tocco non credo”, questa donna dice “credo dunque tocco”».

Anche Giuda credeva, perciò insistette con Gesù affinché si facesse crocifiggere. A Gerusalemme, nella settimana della Pasqua, di fronte alla folla delle grandi occasioni, il miracolo della resurrezione – pensava Giuda – sarebbe stato la definitiva consacrazione del figlio di Dio. A questo punto, quindi, con Amos Oz, come nel gioco dell’oca, torniamo alla casella di partenza: ma Gesù era Dio o un matto?

Raccontiamola tutta. Questa inedita e iconoclasta interpretazione di Giuda è di Shemuel Asch, protagonista dell’omonimo capolavoro narrativo di Amos Oz del 2015. Di più. Nel 2022 Feltrinelli ha pubblicato dello stesso Amos Oz Gesù e Giuda, che è nella sostanza il breve testo di una conferenza rivisto nell’aprile-maggio 2018, e cioè pochi mesi prima della morte dell’autore, dicembre dello stesso anno. Un testamento letterario e spirituale. Gesù e Giuda, infatti, ripercorre il romanzo Giuda evidenziandone la ricchezza sentimentale e, soprattutto, le ragioni del “traditore” nonché quelle letterarie, politiche e personali dell’interesse dell’autore per la sua figura (Yehuda, ovvero Giuda, è il primo nome di suo padre e il secondo del figlio).

Dice Amos Oz che la scena del bacio di Giuda, il bacio più famoso della storia,  «è assurda e brutta… È una storia scritta molto male, con un protagonista che somiglia allo stereotipo hollywoodiano del cattivo di un film di serie B: una creatura ripugnante, subdola, avida, infida, ingannatrice… Un editor decente  avrebbe dovuto tagliare questa storia dai Vangeli». Diciamocelo, non c’è patto narrativo e sospensione dell’incredulità che regga. Giuda com’è raccontato nei Vangeli non è verosimile.

parte prima – continua

Antonio Spadaro, Una trama divina, Marsilio, 2023

Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Einaudi, 1970

Amos Oz, Giuda, Feltrinelli, 2014

Amos Oz, Gesù e Giuda, Feltrinelli, 2022