Punto pieno di Simonetta Agnello Hornby conclude in modo rigoroso e avvincente una trilogia che con un’architettura, dei personaggi e una scrittura di straordinaria qualità della realtà meridionale dice tanto e di più di secolari, stantii e ipocriti discorsi politici.

Caffè amaro. Memorabile, l’avvio della trilogia. Amore e tradimento. Sicilia, fine Ottocento. Figlia di un avvocato socialista, amaramente deluso dagli sviluppi della politica nazionale, la quindicenne Maria Marra per ragionevolezza accetta di sposare il più anziano e ricco Pietro, innamoratosi di lei con il lampo di un colpo di fulmine. Pietro a Maria darà tanto, anche piacere e raffinatezza, però la tradirà. I ruoli si ribalteranno, e Maria dovrà difendere da Pietro se stessa, i figli e il patrimonio.  La Sicilia, come il Meridione d’Italia, ha ceduto al lampo di una spedizione militare per convenienze varie più che per amor di popolo e s’è ritrovata unita in un regno. La nuova patria tanto le ha dato, ancor di più però le ha negato e le ha preso. La Sicilia, colonia interna: è la lucida e impietosa analisi del papà di Maria.

Capitolo secondo. Piano nobile. Cambio di classe. 1942, a Palermo sul letto di morte il barone Enrico Sorci. Attorno a lui una folla di parenti. Enrico Sorci è il principe di Salina: è un mondo, e quel mondo sta morendo con lui. Nella chiaroveggenza della morte egli vede che è finita la nobiltà con i suoi riti, signorili e feroci, con il pugno di ferro di famiglie tipo la sua chiuse a doppia mandata come bunker. Non sa, però, Enrico Sorci, che la nuova razza padrona sarà la mafia, serpe già per li rami nella sua stessa casa. In un romanzo conta la voce, Piano nobile è di più: è una polifonia, e così anche il successivo Punto pieno. In ogni capitolo punti di vista diversi che, nella loro interazione e nel loro insieme, mostrano i bagliori del tempo nuovo della migrazione degli italiani dal fascismo, a cominciare dai siciliani, i primi ad essere investiti dall’avanzata alleata, sostenuta dal patto scellerato fra servizi segreti americani e mafia, la nuova aristocrazia.

Capitolo terzo. Punto pieno, 1992, capolinea della trilogia la strage di Capaci. Intanto, però, in campo la meglio Sicilia: la start up delle anziane signore. Premessa: in ogni romanzo ci innamoriamo di un personaggio, altrimenti il gioco non vale la candela. In Caffè amaro grande amore per la combattiva Maria Marra. In Piano nobile per Laura de Nittis, protagonista di una storia d’amore puro ed assoluto. In Punto pieno ammirazione senza limiti per «le tre sagge», che mettono in piedi «un’impresa produttiva», e cioè: affittano una grande sala abbandonata in uno storico palazzo dei Gesuiti e costituiscono un circolo del ricamo, Punto pieno, nel quale accogliere giovani donne in difficoltà per insegnare loro un mestiere e aiutarle con i guadagni di quella sartoria artigianale ben presto molto apprezzata per l’alta qualità delle sue produzioni. Riusciranno nel loro nobile intento le tre ottuagenarie? Non è che la loro iniziativa disturberà in qualche modo gli ignobili traffici criminali dei nuovi signori?

In ogni caso il coraggioso cambio di passo delle tre signore è la via maestra del nostro Sud che ha la sua forza nelle buone pratiche della tradizione e può trovare il proprio riscatto da una loro intelligente valorizzazione. Duplice operazione di intelligente valorizzazione che, per esempio, l’anglo-siciliana Simonetta Agnello Hornby ha fatto in questa trilogia reinventando storie della propria famiglia di antica nobiltà che le «sbummicavano di fiori» nella memoria e inserendo in maniera mirata e mirabile parole e espressioni che hanno il profumo pungente e sontuoso della sua terra d’origine. Punto pieno ha a che fare con il ricamo, è un titolo: per noi è un voto al romanzo.

 

Simonetta Agnello Hornby, Punto pieno, Feltrinelli, 2021