Il tempo nascosto tra le viole di Vincenzo Corraro, da qualche giorno in libreria, è un gran bel romanzo di tradizione e impianto novecentesco. A cominciare dal titolo, che è un verso dalla poesia Per Pasqua alla promessa sposa di Rocco Scotellaro: Il giorno […] maturerà. / Sentirai le raganelle suonare; / il tempo nascosto tra le viole. Vincenzo Corraro è anch’egli lucano, come Rocco Scotellaro, e come questi in passato è stato anch’egli sindaco del proprio paese ai piedi del massiccio del Pollino che, senza essere mai citato, è il maestoso fondale della storia.

Di fatto Il tempo nascosto tra le viole è una delocalizzazione in un suggestivo, periferico e arroccato brandello di terra oltre Eboli, di temi e atmosfere dai gloriosi trascorsi narrativi soprattutto cittadini e metropolitani. In sostanza, un gruppo di famiglia in un interno (madre e figlio) con le stesse ombrose e morbose tensioni familiari che, per esempio, al netto di debite proporzioni e necessari distinguo, animano il capolavoro d’esordio di Moravia, Gli indifferenti.

Cosimo Ricciardi ha ventidue anni ed è in stallo. Il padre è morto e Cosimo ha in carico con la madre Piera l’azienda familiare: centomila ettari di terreno, faticosi, poco fruttuosi e di difficile gestione. Campi, bar e pianoforte: Cosimo ciondola inerte attorno al centro di gravità materno. Piera, cinquantenne, è donna ancora piacente, di antica grazia nobiliare ma senza piglio imprenditoriale e in fin dei conti dipendente da Cosimo tanto quanto questi da lei.

A scompaginare la claustrofobica e sonnacchiosa vita familiare dei due irrompono Duilio e Livia. Il primo è stato socio e amico del padre ed era presente quando a questi è occorso l’incidente in cui è morto. Duilio viene da una città di mare, è dinamico e accattivante, sa quello che vuole e per prenderselo non si fa scrupoli di alcun tipo. Gli interessa la proprietà dei Ricciardi, ha idee chiare e un piano pronto. Un investimento o un uso illegale di fondi comunitari con complicità politiche e malavitose tipo ecomafie? Cosimo sospetta e diffida ma non sa contrastare Duilio, che intanto corteggia Piera e la scombussola. Ne è innamorato? Semplicemente gli piace o Piera è per lui solo una pedina di un altro gioco? Livia, invece, è romana. È in paese per una supplenza. Ha l’arguzia e la vivacità di una giovinezza ben vissuta. Ha aspettative e speranze. È innamorata di Cosimo, e vuole scuoterlo dal suo torpore. Duilio non le piace, e viceversa.

Il quadrilatero amoroso non regge. Madre e figlio temono entrambi che gli venga a mancare la presa sull’altro, indispensabile fattore del loro equilibrio statico. Qualunque mossa comporta una perdita o, addirittura, scacco matto. Intanto, però, sentimenti e interessi chiedono il conto e spingono all’azione. Che accadrà? Chi vincerà? Chi soccomberà? L’autore scruta con dovizia nell’animo di ognuno. Prima ancora che gli sviluppi della trama, è questa capacità di sguardo che colpisce, insieme all’incanto possente del paesaggio.

Fra le più pregevoli qualità letterarie di Vincenzo Corraro è senz’altro la rigorosa, rigogliosa, minuta e mai banale capacità descrittiva. Certi scrittori i luoghi che raccontano li hanno nel sangue. Vincenzo Corraro è uno di questi. L’inizio del romanzo è spettacolare. Duilio atterra in elicottero sulla proprietà in alta quota dei Ricciardi. Ha appuntamento con Cosimo, devono andare dal notaio. Per svariate pagine la natura vibra all’unisono con le pale dell’elicottero. La scena ha un impatto visivo cinematografico. Lo stesso vale per il Marchesale, l’antica dimora nobiliare dei Ricciardi, una sorta di fortezza sull’argine, con ai piedi un varco che è un passaggio obbligato per raggiungere il centro del paese. Madre e figlio sono rinserrati nell’ultimo piano, il palazzo è ipotecato e vincolato, non possono fare alcun intervento: leggendo senti l’inesorabile e marcescente rovina che incombe su quell’austera grandezza. Immediata e ben calibrata l’assonanza simbolica con la decadenza complessiva dei Ricciardi.

Dopo l’esordio arrembante e lontano di Sahara Consilina (Palomar, 2004), in cui raccontava la campagna elettorale di paese di una lista giovanile e civica, d’impegno sociale ed ecologista; dopo svariati racconti su prestigiose riviste e in libro (quest’anno La fine dell’acqua, Les Flâneurs), con Il tempo nascosto tra le viole Vincenzo Corraro (1974) dà convincente prova di un’autorevole maturità letteraria.

 

Vincenzo Corraro, Il tempo nascosto tra le viole, BesaMuci, 2022