Ne La grande cecità Amitav Gosh cita queste righe di Heidegger: «Nell’angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v’è lo spaesamento e cosa vuol dire quell’uno? Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell’insieme». Mario Desiati ha intitolato il suo nuovo romanzo Spatriati, che è accrescitivo di spaesato e nella lingua di Martina Franca, sua città natale in Valle d’Itria, significa: «Ramingo, senza meta, interrotto, detto del sonno che si interrompe… Anche balordo, irrisolto, allontanato, sparpagliato, disperso, incerto…», come estesamente riportato nell’introduzione della seconda parte del romanzo a pagina 43. In Spatriati Mario Desiati si smarca da tutti aggiungendo al significato della parola in questione un nuovo gradiente, la libertà: «l’unica patria possibile è quella in cui non rispondiamo a nessuno di ciò che siamo». Ma esiste davvero, questa patria? E dove? Forse nell’amore.

  • Lì la cercano Francesco Veleno e Claudia Fanelli, coetanei e compagni di scuola, dal liceo in poi uniti da un sentimento speciale, «molto più sottile e sofisticato dell’innamoramento». La narrazione è un affresco storico originale, di respiro ampio e documentato con anche note finali, abbraccia gli ultimi quarant’anni (gli stessi dell’autore) e si svolge fra Martina Franca e Berlino, con significative parentesi di studi universitari (e non solo) a Bari e Milano («Mi porti un po’ di mare quando vieni su?»). Chi racconta è Francesco, suo il primo slancio. Claudia è per lui un miraggio, subito, a prima vista; è il mondo che c’è al di là di quella «vita senza smottamenti, tranquilla, il minimo necessario per non soffrire» verso la quale lo spingono i suoi disamorati genitori perché «a loro, in fondo, era andata bene così». Mica tanto, però. Il fragile equilibrio matrimoniale dei coniugi Veleno si fa sempre più ruvido e spigoloso per l’appassionata e per nulla segreta relazione fra la mamma di Francesco e il padre di Claudia, l’una infermiera e l’altro chirurgo nello stesso ospedale. Proprio questa situazione sarà l’occasione del primo confronto fra i due ragazzi e segnerà l’avvio del loro rapporto. Di alleanza e complicità affettiva, prima di tutto.

Claudia e Francesco avvertono disagio per l’orizzonte angusto del paese: aperto al mare e a una prodigiosa bellezza naturale (di cui, con magistrale esuberanza espressiva, Desiati ci fa vedere i colori e sentire i profumi) ma chiuso in luoghi comuni sociali e di genere. I due ragazzi vogliono scoprire se stessi, i propri talenti, le proprie inclinazioni, i propri desideri, senza la costrizione di pregiudizi vari. Fra loro confidenza e libertà sono assolute. Si raccontano tutto, senza filtri. Francesco in particolare, Claudia ha un piglio più sicuro: meno incertezze dell’amico, più risposte. Andrà avanti così, sempre. Anche, o soprattutto, quando saranno lontani. Con lei a Berlino, dove poi lui la raggiungerà da Martina.

  • Berlino è l’altra polarità del romanzo. Nella metropoli tedesca è spatriato da qualche anno l’autore stesso. Tra Martina e Berlino la connessione sentimentale è profonda, al di là di ogni contrapposizione. Desiati riesce a scrutare nell’animo di entrambe le realtà. Preziose le letture pugliesi di Claudia e Francesco, come le altre inserite nel racconto con piena funzionalità e disinvoltura narrativa: Vittorio Bodini, Raffaele Carrieri, Maria Corti, Mariateresa Di Lascia, Rina Durante, Maria Marcone.

Fondamentale, invece, nell’ambientazione berlinese la scena musicale techno e la vitalità notturna dei vari club. Come il Berghain («un tempo centrale elettrica con ancora l’aria severa delle fabbriche comuniste… conosciuto come il tempio o la chiesa») o il KitKat, verso il quale «marciavano figure nere con zaini e trolley… sembrava un’ora qualunque del pomeriggio, ma erano già le due del mattino… Si respirava lo stesso clima di sospensione di quando c’erano i fuochi di San Rocco a Locorotondo, le auto accostate ai muri a secco della provinciale, le persone ansiose di farsi bagnare dalla polvere da sparo, gli occhi pronti a riempirsi di girandole colorate, quel vociare soffuso nell’oscurità, e noi due illuminati solo dalle stelle e la luna, in attesa del primo schiocco infuocato nel cielo».

Spatriati è romanzo europeo, con confini più ampi di quelli dell’Unione. Confini che vanno dal Sud di mare di Erika, tormentata passione di Claudia, fino almeno alla Georgia di Andria, amore comune di Claudia e Francesco. Dice Claudia: «Sì, c’è Andria, uno che ha avuto un milione di casini in più di quelli che abbiamo avuto noi, uno che mi ha insegnato che a volte bisogna fare come il metallo, prendere la forma dei colpi che ci dà la vita».

Con il suo estremismo romantico Desiati ha scritto uno struggente inno a quell’amore assoluto che non conosce divieti e confini e si nutre di sehnsucht: «Nostalgia di un desiderio non ancora realizzato o irrealizzabile, di qualcosa di indefinito nel futuro o di un bene irraggiungibile». Come la libertà.

 

Mario Desiati, Spatriati, Einaudi, 2021