Leggi l’uno e l’altro, uno dopo l’altro, uno insieme all’altro, e di uno splendore hai il punto più luminoso e poi il buio, la musica e il silenzio.

Don DeLillo, Il silenzio (traduzione di Federica Aceto). Un giorno del 2022 si spengono all’improvviso le mille luci di New York. La tecnologia ha ceduto, non si sa perché. Muti gli schermi e così le strade. Ogni comunicazione interrotta, ci si muove a piedi. La musica è finita.

C’era una volta il jazz, che è uno dei protagonisti del romanzo di Don Winslow. Ultima notte a Manhattan (traduzione di Alfredo Colitto) è una grande storia d’amore. Prima di tutto fra Walter e Anne. Lei è una cantante jazz, brava, raffinata, affermata. Il locale dove è di casa, «sessantaquattro piani sopra il Rockfeller Center, sembrava galleggiare in aria, come se la legge di gravità che si applicava al resto del mondo naturale per il Rainbow Center fosse sospesa». Per Walter il Rainbow Center è «un’epitome di New York».

  • Siamo nei giorni di Natale del 1958. John Kennedy scalpita ai blocchi di partenza della corsa alla presidenza. Con lui il fratello Bob. Nel romanzo il senatore che gli somiglia si chiama Joe Keneally, il fratello Jimmy. La possibile first lady Madeleine, l’amante Marta. Il sogno americano infiamma i cuori. Dall’altra parte del muro, l’orso sovietico. La guerra è fredda solo a parole, si combatte con ogni mezzo, sesso, repressione, corruzione, omicidi. Walter, ora investigatore privato, ha lavorato a lungo per la Cia, sotto copertura, neppure Anne lo sa, ma anche lei nasconde qualcosa.

I tempi stanno cambiando, devono cambiare. C’è una nuova frontiera da conquistare. Ad ogni costo. Joe e Jimmy sono i buoni, c’è da fidarsi. O no?

  • Sessant’anni dopo, quell’illusione è menomissima cosa, una buffa, fanciullesca vanità scagliata in un angolino remoto dall’onda d’urto di un’esplosione epocale, sorda e senza luce. Due coppie in un appartamento di Manhattan inquiete si interrogano raccogliendo alla rinfusa, fra ricordi e riflessioni, le schegge sparse di una civiltà che si credeva invincibile. La densità concettuale racchiusa nelle poche pagine del romanzo di DeLillo ti cattura come un buco nero. Leggi e sei in un folle volo oltre l’orizzonte degli eventi.

Tessa e Jim, lei «davvero bella: figlia di un matrimonio misto, poetessa, autrice di versi oscuri, intimi, di notevole impatto», lui perito liquidatore presso una compagnia di assicurazioni. Tornavano da una vacanza a Parigi, il loro aereo è precipitato in fase di atterraggio quando per il blackout tecnologico sono saltati tutti gli strumenti di bordo. «Dobbiamo ricordare di continuare a ripeterci che siamo ancora vivi, disse Tessa, abbastanza forte da farsi sentire anche dagli altri».

Jim è ferito alla testa, ma sono ancora vivi e perciò, dall’aeroporto, dopo un ultimo strappo di otto piani a piedi, raggiungono infine gli amici Diane e Max con i quali, prima che tutto accadesse, avevano appuntamento per vedere insieme la finale del campionato di football americano. Insieme alla coppia, nell’appartamento di Manhattan, il trentenne Martin, ex alunno di Diane in una scuola del Bronx, ora «perso nello studio compulsivo del manoscritto di Einstein del 1912 sulla relatività speciale».

C’era una volta il Super Bowl. In tutti e due i romanzi è protagonista di pagine epiche. In Ultima notte a Manhattan Walter, il senatore, la moglie e il fratello sono insieme allo stadio. Walter tifa per i Giants, Joe per i Colts, scommettono tra loro. Chi vincerà? La partita è un film. Mentre leggi, la vedi, la vivi. Walter (Winslow): «Il football è dove vanno in scena la psiche americana, l’energia americana, la pura passione americana per la lotta». Max (DeLillo): «Tutti quei coglioni che fingevano di subire fallo. Ma poi che razza di sport è uno dove non puoi usare le mani? L’unico che può toccare la palla è il portiere. È la repressione autoimposta di un impulso naturale. La palla ti arriva. E tu l’afferri e corri. È una cosa normale. L’afferri e la lanci».

Accade proprio allora, la catastrofe, su queste parole. Poi della partita Max farà una radiocronaca immaginaria, una sorta di isterica trenodia. Intanto, invece del pallone sullo schermo, in casa volano frasi come questa: «Hanno innescato un’apocalisse selettiva della rete (ndr, i cinesi)… reti nascoste che cambiano di minuto in minuto, di microsecondo in microsecondo… Legge di composizione delle velocità… Un guasto ai sistemi. O anche una macchia solare… Un forte campo magnetico…». Ci si confronta e conforta con gli altri condomini incontrandosi di fatto per la prima volta: «È questo l’abbraccio casuale che segna la caduta della civiltà mondiale?»

«È un mondo difficile, Walter, – disse Jimmy. – Anche se noi siamo i buoni, a volte non possiamo giocare pulito, se vogliamo vincere.» Poi è accaduto che  ognuno si è creduto buono più degli altri e noi, tutti insieme, i migliori, addirittura onnipotenti, ma il mondo è una realtà più vasta di ogni comunità e della nostra stessa umanità: «Il mondo è tutto, l’individuo niente. L’abbiamo capito tutti, questo?» Don Winslow e Don DeLillo: ciò che era e ciò che speriamo non sarà. Quanto basta per amare ciò che è.

 

Don Winslow, Ultima notte a Manhattan, Einaudi, 2021

Don DeLillo, Il silenzio, Einaudi, 2021