Dopo tanto tempo di nuovo nelle librerie italiane, anche grazie al lavoro di un editore pugliese giovane e coraggioso ma di solida tradizione, Il nostro sig. Wrenn del premio Nobel Sinclair Lewis si conferma romanzo prezioso e inesauribile scrigno di suggestioni, peraltro più che mai attuali. Lo amò tantissimo Cesare Pavese, cui si deve la prima traduzione, ora riproposta dall’editore Elliot. Antonio Mandese di Taranto, invece, ha puntato su una nuova traduzione a cura di Guido Lagomarsino: pregevole, come la vivacità postmoderna della copertina.

  • La storia è semplice. William Wrenn, trentaquattro anni, lavora come contabile («una specie di impiegato», un piccolo Bartleby) in una ditta che commercializza articoli da regalo, souvenir, paccottiglia (tipo, «cagnetti grassi con gli occhi neri»). Vive a Manhattan in una stanza d’affitto. È solo, ma ha tanti sogni e, soprattutto, un animo gentile e sensibile. Ogni sera va a cinema: prima si intenerisce per l’affettuoso scambio di saluti con il bigliettaio (e s’indispettisce quando questi una volta ricambia con un cenno frettoloso), quindi si sprofonda in poltrona e soffre e gioisce, s’agita e sobbalza come se fosse lui il protagonista delle avventure sullo schermo. Poi a casa, nel suo grigio «paradiso» in affitto all’ultimo piano, sfoglia guide turistiche e dépliant, e sogna un grande viaggio per mete esotiche o in Inghilterra, la patria del romanticismo. Mangia in modeste trattorie, sogna e risparmia, per il viaggio.
  • Il nostro sig. Wrenn è un folletto metropolitano, ha la leggerezza e il candore di uno Charlot o di un Marcovaldo, è sincero e ingenuo fino al limite della dabbenaggine. Il suo male è la solitudine. L’avventura è forse la medicina, pensa. Il romanzo è del 1914 ma parla al nostro tempo, ci aiuta a capirlo, a sperare nella forza dell’innocenza e a illuderci che la fortuna aiuti… i sognatori. Accade, infatti, che il nostro sig. Wrenn riceva una discreta somma in eredità e, voilà, la vita nuova, lascia il lavoro e parte… facendo il mandriano su una nave carica di bestiame. Destinazione Inghilterra. Poi Kerouac dirà on the road, Mr. Wrenn è un antesignano: un «giramondo». Cerca amicizia e amore. Li troverà?

In viaggio conosce Morton, e pensa di aver trovato un amico. Chissà. Poi a Londra incontra Istra Nash, californiana, eccentrica, colta e femminista, aspirante artista in cerca di affermazione in Europa. Sono l’uno l’opposto dell’altra, ma sono entrambi soli e hanno bisogno l’uno dell’altra. Può esserci amore? Mah. Lei lo chiama «uomo delle caverne» e «Topino», lo prende in giro chiedendogli se conosce Nietzsche, «l’umorista tedesco», vorrebbe fosse un «filibustiere». Però ha capito l’insulsa vacuità delle «Persone Interessanti», ovvero le élite intellettuali da lei frequentate, gli snob che «si siedono e latrano e ringhiano sempre più in fretta e si compiacciono di essere spiriti liberi… e che, essendo liberi, non sono autorizzati ad andare a divertirsi con persone simpatiche, perché quando uno è libero, sa, non è mai libero di essere nient’altro che libero. Può sembrare poco chiaro…». No, no, nient’affatto. Lewis ha picchi esilaranti di umorismo e satira.

Dunque, la partita sentimentale è netta: il cuore semplice, puro e generoso di Mr. Wrenn contro l’egocentrica, fumosa e inconcludente altezzosità delle «Persone Interessanti». Sempre Istra: «Non capisci che la tua esperienza sulla barca del bestiame è più reale di tutte le cose che hanno fatto quei pensatori di teorie mal masticate? Io lo so bene. Sono una rimasticatrice di teorie anch’io», tra cui il Socialismo.

Sì, ma è più facile vendere paccottiglia che farsi apprezzare per la propria grandezza d’animo: è la vecchia storia dell’albatro, esule in terra fra le grida di scherno dei marinai. Non solo, certe volte anche chi ti vuole bene è intimidito da un’insolita nobiltà di sentimenti. E allora? Forza, sig. Wrenn, fatti valere. Infinite sono le vie dell’amicizia e dell’amore. Talvolta tormentate, talvolta quiete: e non sai mai quale ti tocca in sorte e qual è meglio.

Sinclair Lewis, fosse per noi, il Nobel («per la sua arte descrittiva vigorosa e grafica e per la sua abilità nel creare, con arguzia e spirito, nuove tipologie di personaggi») lo vincerebbe anche oggi, dopo quello del 1930, primo autore statunitense. Che, peraltro, alla cerimonia di consegna del premio ebbe a dire: «in America la maggior parte di noi… ha ancora paura della letteratura che non è glorificazione di tutto ciò che è statunitense… gli Stati Uniti sono il più contraddittorio, deprimente, emozionante Paese al mondo oggigiorno».

 

Sinclair Lewis, Il nostro sig. Wrenn. Le avventure romantiche di un gentiluomo americano, Antonio Mandese editore, 2022