C’è in ognuno di noi un posto in fondo al cuore. Segreto. Inaccessibile. Lì è la nostra verità. Il grembo paterno di Chiara Gamberale «bussa al sangue» di chi lo legge perché va proprio là, dove quasi nessuno arriva mai ma dove una volta là scopri che… . Prima, però, la storia, che ha tempi diversi (non in sequenza cronologica ma stretti fra loro in un abbraccio come in un ballo) e poi, ancora, copiosa ricchezza di personaggi e infine un linguaggio vario e innovativo che copre l’ampio spettro dagli svolazzi civettuoli delle parole in dialetto smozzicate o accorpate («finassera») fino alla modernità nervosa di dialoghi senza virgolette e frasi brevi poi riproposte smontate per rimarcarne le parti.

C’erano una volta i Senzaniente, chiamati così nel piccolo Paese di Sotto per la loro povertà. Chi racconta è la figlia, Adele: vivace, inquieta, gli occhi incantati e vigili sempre puntati sui genitori. La madre «chioccia… che s’ansiava… in una danza scomposta» per servire a tavola. Il padre-padrone «santo e ladro della vita», brusco e scostante o giocoso e amorevole a seconda dell’umore ma una roccia affettiva e una volontà ferrea di assicurare benessere ai propri cari finché ai Senzaniente i soldi gli «escono dal naso» come dice l’amichetta di Adele con «una voce che mi faceva venire voglia di andarmi a nascondere, scappare via veloce, come scappa chi ha rubato». Il successo è anche di Adele, che a scuola è la prima della classe. Quindi, il meritato incanto della prima vacanza al mare. In pensione, due settimane, tutta la famiglia.

Ma invece che incanto quell’estate è tempesta, di sentimenti: sia per Adele, diciottenne, sia per i genitori. I soldi non fanno la felicità. Anzi. I Senzaniente poveri erano e tali restano, ma con i soldi: ora gli manca il calore della propria unità. Adele racconta dal buio recente di un Capodanno chiusa in casa come tutti per scampare al virus. Ha quarant’anni, una figlia che cresce da sola, è innamorata ma lui è sposato con figli e il rapporto non va, perciò in quella notte di solitudine irreale, Adele ripercorre la propria storia, segnata dal vincolo familiare e poi negli sviluppi professionali dalle ferite profonde degli anni della giovinezza.

Tanti ricordi s’affollano, quindi, nella mente di Adele. Arrivata in modo sorprendente a Roma, nella capitale trova pochi amici (la sua prima ospite, Elettra) e tanti invece che «più ripetono quanto sono diversi, più sembrano uguali a tutti gli altri» in «un pasticcio di disinvoltura e bamboleggiamento che va incontro sempre di più a quello che sembrano volere tutti, distrarsi dalla propria vita senza però andare da nessun’altra parte». Non sarà per caso così anche l’amante Nicola? Pediatra, autore di libri di successo, loquace, giovanile, spiritoso, accattivante ma irresoluto, sfuggente, narciso: l’esatto opposto del padre Rocco. Può darle Nicola tanto amore quanto il padre? E quale amore?

La verità è in fondo al cuore, lì la cerca Adele e noi con lei ma quella verità non esiste perché noi siamo le relazioni che viviamo: ognuna di esse ci cambia. Continuamente. Non siamo mai gli stessi. Siamo un segreto inesauribile. E allora: che fare? Che farà Adele?

Il grembo paterno ha forza dirompente di autenticità ed è senz’altro il romanzo più importante della già nutrita e significativa produzione letteraria di Chiara Gamberale.

 

Chiara Gamberale, Il grembo paterno, Feltrinelli, 2021