La vita e la morte. La guerra e la pace. Tutto in un unico oggetto, «una specie di farfalloni verdi», sembrano giocattoli, sono mine esplosive fabbricate con l’intento specifico di colpire i bambini. I soldati sanno, le riconoscono, non le raccolgono. I bambini pensano a un dono. Sono curiosi. Le prendono e ci giocano. Insieme. Scrive Gino Strada in Una persona alla volta: «Spesso arrivano in ospedale tre, quattro amici insieme, vittime tutti della stessa esplosione vigliacca… In tanti anni di chirurgia non ho visto un solo adulto mutilato da quelle mine… Ho operato solo bambini e qualche ragazzino: chi ha perso una mano e chi tutte e due e chi ha perso un occhio e chi entrambi».

Una persona alla volta è il racconto dell’avventura umana e professionale dell’autore che nella pratica solidaristica del soccorso medico alle vittime di guerra ha dato nobile concretezza operativa ai valori familiari e alle proprie competenze tecniche di chirurgo.

«L’importanza del lavoro, la dignità, la solidarietà verso i vicini, l’idea di far parte di una comunità e che quindi in qualche modo alla comunità si dovesse rendere conto dei propri comportamenti erano pane quotidiano a casa mia», nella Milano operaia di Sesto San Giovanni, negli anni della ricostruzione dopo la guerra. Poi la scelta degli studi di Medicina, l’impegno con il Movimento studentesco e l’alto insegnamento del «leggendario professor Vittorio Staudacher». Quindi alla fine degli anni ottanta la prima missione con il Comitato internazionale della Croce Rossa di Ginevra a Quetta in Pakistan. Poi Kabul, Perù, Somalia, Bosnia, Etiopia, Corno d’Africa. Infine Emergency, fondata con l’incoscienza degli impavidi insieme alla moglie e a un pugno di amici, la meglio gioventù, «una piccola organizzazione capace di curare i feriti di guerra anche in condizioni di emergenza… perché era possibile aiutare e noi avevamo deciso di farlo, o almeno di provarci». Prima missione in Ruanda, poi dovunque ci fosse bisogno (anche in Italia, perché le cure mediche sono un diritto di tutti e un dovere sociale in certi ghetti o periferie come nei vari fronti).

Cambiano le forze in campo, cambiano i luoghi, ma – scrive Gino Strada – non cambia l’orrore. L’orrore è il rumore di fondo di ogni guerra: c’è sempre e dappertutto. Lo dicono i numeri. Gino Strada li ha raccolti già la sua prima volta a Kabul nel 1991. Nell’ospedale in cui operava «dei dodicimila feriti registrati, il 34 per cento erano bambini, il 26 per cento anziani, il 16 per cento donne: oltre tre quarti di loro non avevano preso parte alle ostilità. I combattenti rappresentavano appena il 7 per cento». Non solo in Afghanistan, sempre e dappertutto nove vittime su dieci sono civili. La guerra un tempo era un combattente contro l’altro, oggi ogni guerra è combattuta prima di tutto contro civili inermi. «Nei conflitti di oggi è statisticamente provato che è più sicuro essere un combattente che un civile.»

  • Con la forza emotiva di una storia personale e collettiva e un’analisi lucida e appassionata ricca di dati e argomenti, Una persona alla volta pone alla coscienza di noi tutti la necessità di cambiare il nostro punto di vista sulla guerra, partendo dalla constatazione verificabile nella storia recente che la risposta militare aggrava e non risolve i problemi. «Come le malattie più gravi, anche la guerra deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente.» La guerra la vince sempre e soltanto l’industria delle armi. E con essa l’orrore. Perciò, scrive Gino Strada: «ho capito di non essere un pacifista, ma di essere semplicemente contro la guerra… perché prima o poi arriva il momento di dire basta».

Contro la guerra, riprendendo «il Manifesto di Russell-Einstein del 1955, scandalosamente attuale… Contro la guerra perché è la scelta più razionale, realistica e sicura per i cittadini del pianeta… Contro la guerra perché è un’utopia, come duecento anni fa lo era abolire la schiavitù e sessant’anni fa abolire la segregazione razziale negli Stati Uniti… Immaginare nuovi obiettivi e poi raggiungerli è lo schema ricorrente nella storia degli uomini e delle donne di questo pianeta… Un’utopia non è una pazzia, è un desiderio, un’idea, un progetto: una scelta di responsabilità».

 

Gino Strada, Una persona alla volta, Feltrinelli, 2022