• Questo romanzo è una conchiglia: se lo avvicini all’orecchio, senti dentro una storia grande, come il mare. L’estate dell’innocenza di Clara Sánchez è in Costa Brava. Siamo all’inizio degli anni Sessanta, prima delle minigonne e dei capelli lunghi, prima del turismo di massa con i grandi alberghi a ridosso delle spiagge. Beatrice, che racconta, ha trentacinque anni, allora ne aveva nove e la sua innocenza era tutt’uno con quella del paesaggio. Chi racconta ricorda. Non ha rimpianti e neppure nostalgie, ma vuole strappare al tempo l’incanto di quei momenti, trepidi e inquieti, quando tutto ancora era possibile e il futuro aveva un rumore misterioso e profondo come quello del mare dentro una conchiglia raccolta in spiaggia. Di un racconto intimo Clara Sánchez fa una storia grande perché con estrema naturalezza di ogni destino coglie la sua universale sostanza sentimentale, perciò chi legge sente immediatamente familiari i tanti personaggi di questo romanzo.

La madre e la zia Olga, per esempio, sono due facce dell’amore. La prima è introversa e remissiva. Quando lo conosce, dice al marito: «Io cucinerò mentre tu leggerai. Avremo una casa piena di fiori. Staremo insieme». Dura qualche mese, poi cominciano i tradimenti, che lei sopporterà incupendosi fino a quando, persa un’occasione di successo, amareggiato, quella casa piena di fiori lui la definirà un «buco». Lei questa non gliela perdona ma non ci penserà mai a uscire da «quell’inferno», e neppure lui, perché entrambi avevano bisogno che «tutto durasse per tutta la vita» finanche le cose, figuriamoci il matrimonio.

Olga, invece, è estroversa e moderna. È su un palco, dove c’è luce, è un personaggio – dice Beatrice – che non mi faceva gioire o soffrire ma che mi piaceva guardare, tantissimo. Olga gira in casa in camicia da notte, sigaretta e tazza di caffè. Quell’estate in Costa Brava la sera esce sempre, da sola. Usa spesso parole come «adorare, splendore e assolutamente». Per lei «L’amore è la luce». La sua luce è il Console, potentissimo e affascinante diplomatico turco all’ambasciata spagnola. Lui dice: la bellezza non è nelle cose, è solo delle persone perché è negli occhi, e quelli di Olga per lui erano i più belli. Il Console è il gran mondo, quello al di là del «buco» di casa. Dopo di lui per Olga ci sarà Albert, un altro romanzo nel romanzo.

L’estate dell’innocenza è un totale maggiore della somma delle parti perché, con pochi tocchi, ognuna delle tante storie dell’intarsio brilla di luce propria. Incanta, per esempio, il mistero della scostante durezza di nonna Antonia o l’amore proibito del Nonno per l’Infanta della Casa reale. Albert, comunque, è figura centrale nella formazione di Beatrice. «Il suo comportamento ti faceva venire voglia di crescere, ti dava l’impressione che, dal punto in cui si trovava lui, fosse tutto chiaro, senza misteri, e si potesse distinguere ciò che era importante da ciò che non lo era. Ebbi la sensazione che essere grande significasse essere potente, e che valesse la pena sopportare e aspettare…» È Albert che quell’estate insegna a Betrice a nuotare e «a voler crescere». A lui la bambina confida che da grande farà la scrittrice.

È lui, infine, a rivelarle che «la vita non è mai come la vogliamo», ed è proprio «questa definizione chiara di una vita confusa, in ogni istante più confusa» la vera scoperta di Beatrice oltre la linea d’ombra di quell’estate. Come in questa frase chiarezza e confusione, sempre nella scrittura di Clara Sánchez gli opposti convivono armoniosamente con piena e vivida evidenza reciproca: unica vittoria possibile della letteratura sulla vita, della grande letteratura.

 

Clara Sánchez, L’estate dell’innocenza, Garzanti, 2019