Tu dai un pallone a un ragazzo e quello s’inventa mille giochi. Anche Carlo D’Amicis. Prego leggere Il ferroviere e il golden gol, romanzo pubblicato venti anni fa, opportunamente rivisto dall’autore e di nuovo edito da 66THAND2ND. Ebbene, il fraseggio calcistico-letterario è serrato e innerva ogni pagina con numeri d’alta scuola. Del resto: «…il pallone è rotondo solo quando rotola, altrimenti è volatile come la fantasia» che a Carlo D’Amicis certo non manca. Il risultato è un calcio restituito alla sua dimensione epica di magistero di vita e via privilegiata d’accesso degli umili alla bellezza. Tutt’altra cosa dagli eccessi spettacolari, affaristici e truffaldini di oggi.

  • La storia è semplice. Il protagonista, che è anche voce narrante, è un ferroviere pugliese, poco più che trentenne, in cassa integrazione. Una vita, la sua, tutta dentro i binari del grigiore. Dei sogni di un tempo al nostro non restano che meste e solitarie peregrinazioni nei campetti di periferia a cercare lampi di classe di giovani talenti, pudicamente inseguendo nel frattempo il miraggio dell’amore proibito per la cognata Lisa: un sentimento gravato, per di più, da sudditanza psicologica e complessi di colpa nei confronti del fratello Leone, paralizzato su una sedia a rotelle ma dinamico imprenditore e brillante televenditore di mobili su un’emittente locale.

Il caso, però, dà al nostro un’opportunità e, mentre è su un treno locale per andare a seguire una delle tante partite delle serie minori, bussa con impazienza alla porta del bagno, dove da troppo tempo, indebitamente, egli s’intrattiene. Uscendo un po’ vergognoso dalla ritirata s’imbatte, infatti, nel numero uno del mercato calcistico: il mitico e famigerato boss L.M., anch’egli ferroviere, prima della carriera manageriale fino alla Juve. In pratica, Davide incontra Golia. Potrà mai evitare di scontrarsi con lui? E come finirà? Come sempre o in altro modo? E Lisa, inafferrabile e caustica, diabolica e innocente, sarà l’amore che rafforza o consola o un’altra beffa? E Leone: rassegnato o marpione e luciferino? Leggete e saprete.

  • La verità, però, è che Il ferroviere e il golden gol è un moderno (e romantico) conte philosophique. Il protagonista ha la sfrontata e disarmata innocenza di tanti di quella famiglia che annovera antenati illustri, da Candido a Marcovaldo.

Carlo D’Amicis, tarantino di nascita e romano d’adozione, tiene in campo il giusto equilibrio fra narrazione, riflessione, disincanto e ironia. Gioca a dribblare la realtà. L.M., per esempio, lo punta e lo salta, regolarmente. Non scrive mai per esteso il suo nome ma lo chiama in infiniti modi ancor più eloquenti: L’inarrivabile Mente, L’unico Maestro, Lepido Marpione, Longanime Manager, Linguetta Maliziosa, Lemme Malavoglia, Labile Memoria, Losco Manicheo… e via di seguito, sempre con le iniziali.

A far da contraltare, c’è l’onesto trionfo dei paesi con l’orgoglio dei nomi e l’exempla di campioni e umili gregari del calcio: Baggio, Del Piero, Torre Ovo, Vialli, Martina Franca-Francavilla-Novoli, Sud Est, Gallipoli, Putignano, Zenga, Barletta, Oriali, Benetti… e, infine, Leonardo Maria Lapelosa, il «genio leonardesco» del pallone che, però, non riesce a staccarsi dalla linea laterale per puntare verso il centro «dove il suo talento avrebbe forse avrebbe cessato di essere puro estro masturbatorio e sarebbe finalmente diventato sostanza».

Verso quell’agone prova a spingerlo il ferroviere, che se ne farà procuratore: ci riuscirà? Intanto c’è riuscito Carlo D’Amicis a prendere a calci la retorica dei sogni con questa giocata nei primi minuti: «Quando sognate a tutti i costi qualcosa… non illudetevi di aver capito qualcosa di quello che siete, e forse nemmeno di quello che volete. L’unica cosa che possiamo imparare da ciò che vogliamo è che ci fa schifo quello che abbiamo». Perciò è bello sognare, perché ti porta dove non sai, come accade a quella squadra di scombinati guidata da uno strambo ferroviere in cassa integrazione.

 

Carlo D’Amicis, Il ferroviere e il golden gol, 66THAND2ND, 2019