Un romanzo conta quando è più della storia che racconta. Del giochino di parole ci assumiamo la responsabilità, ma l’affermazione nella sua sostanza (che peraltro condividiamo in pieno) è di Alessandro Piperno. La trovate a pagina trentasette, nell’introduzione del suo nuovo libro, Il manifesto del libero lettore.

Dice l’autore, che argomenta facendo (anche) riferimento ad alcuni capolavori cinematografici: «I grandi film sono quelli che abbiamo voglia di rivedere… ciò che li distingue è che il loro fascino non si esaurisce nell’intreccio, benedetti come sono dal genio della regia… La loro forza non ha niente a che fare con la storia narrata. È l’atmosfera che incanta, l’originalità dei personaggi, la brillantezza dei dialoghi». Per la cronaca, Magnolia e Pulp fiction hanno questa magia che – secondo Piperno – manca invece a I soliti sospetti, dalla trama perfetta ma niente più.

E dunque: cos’è questo valore aggiunto o upgrade che proietta un romanzo verso l’atemporalità dei classici? Dimmi cos’è, cos’è che pur nell’assoluta impossibilità di certezze estetiche ci fa sentire con un brivido che quel romanzo è di un’altra categoria…

Piperno lo dice a pagina venticinque: «…un romanzo è davvero un classico se ha apportato una rivoluzione tecnica rispetto ai romanzi scritti prima del suo avvento sulla scena letteraria». Attenzione, però, a non fare confusione con le oscure pratiche avanguardistiche della storia recente. Per Piperno, infatti, è rivoluzione letteraria un rinnovamento che soddisfi le «aspettative di un pubblico altrettanto bisognoso di rinnovamento»: nessun compiacimento elitario, dunque, ma l’apertura di «un nuovo orizzonte imprevedibile».

Questa capacità di capire e sfidare il proprio tempo, cambiare gli equilibri estetici della tradizione, spostare in avanti i confini narrativi (operazioni che con linguaggio calcistico noi riassumiamo nell’espressione «trazione anteriore») è la prospettiva critica dalla quale in altrettanti capitoli Alessandro Piperno affronta gli otto autori a lui più cari: Tolstoj, Flaubert, Stendhal, Austen, Dickens, Proust, Svevo, Nabokov.

«Con un mozartiano contrappunto sinfonico» in Anna Karenina, per esempio, Tolstoj – dice Piperno – ha innovato radicalmente il modo di presentare i personaggi stabilendo fra le due coppie dei quattro protagonisti una relazione immediata che fa sembrare al lettore di conoscerli da sempre, perché l’autore li introduce attraverso il loro incrocio di sguardi.

Il «marchio di fabbrica» di Flaubert è, invece, il discorso indiretto libero con il quale egli schiude al lettore l’animo di Emma e al tempo stesso beffardamente la irride. Madame Bovary c’est moi– assicura Piperno – è una leggenda metropolitana. Nei confronti della sua eroina Flaubert non scioglie mai la propria ambiguità: «La conosce come un fratello intelligente conosce la sorella scema… Quando se ne dimentica è come se le donasse la parte di sé di cui prova vergogna: sentimentalismi, esotismi, sensualità… ma quando è in sé tutto si ribalta, e allora ne prende le distanze, facendosi beffe di lei con ferocia inaudita».

Il manifesto del libero lettore non ha la rigidità cadaverica di un canone ma è un organismo vivo che offre al lettore «orizzonti imprevedibili», mettendo per esempio continuamente in relazione gli autori fra loro come in questa mirabile triangolazione: «Se Flaubert punta tutto sulla letteratura in odio alla vita e Tolstoj… punta tutto sulla vita in odio alla letteratura, per Stendhal la narrativa è un ripiego senile, serve a celebrare la giovinezza scivolata via troppo rapidamente». Stendhal scriveva rincorrendo quel tempo lì della vita bella, non si preoccupava della forma e non rivedeva i propri lavori. Sarebbe stato una maledizione per qualsiasi editor.

Stiamo vivendo giorni in cui si fa la conta dei classici letti per dire con il ditino puntato al giovin scrittore: pochi, molti, questi, quelli. Alessandro Piperno parla, invece, al libero lettore, e cioè: a colui che se ne frega di tutto e «si lascia guidare dal capriccio, dalla sete e dalla necessità». A costui con affabile autorevolezza Piperno dice: «i libri sono strumenti di piacere, come la droga, l’alcol, il sesso, non il fine ultimo della vita». Dunque, libero lettore, leggi e godi, e non ti chiedere più di tanto come un romanzo va a finire: quel che conta è dove tu vai a finire mentre lo leggi. Altro dirti non vo’.

Alessandro Piperno, Il manifesto del libero lettore, Mondadori, 2017

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