Prima Città in fiamme, poi Città di sogni. Ora Citta in rovine. Ultima batteria dei fuochi d’artificio della nuova trilogia. Pirotecnico. Uno spettacolo luminoso di intrecci e danze in cielo di geometrie e fantasmagorie di miti eterni.

Don Winslow non ha semplicemente utilizzato per i suoi romanzi l’architettura narrativa dell’epica classica, ha transustanziato gli eroi omerici nei gangster contemporanei. Ci scusiamo per il parolone ma è il più appropriato perché a certi livelli la letteratura è arte sacra. Con tutto quel che segue in termini di misteri e fede.

Riassunto delle puntate precedenti. Guerra di mafia a Providence, Rhode Island, fra gli irlandesi Murphy e gli italiani Moretti. Danny Boy Ryan non vorrebbe combattere ma è coinvolto in quanto sposo di Terri Murphy. I Murphy sono sconfitti, Terri muore, Danny fugge con il vecchio padre, il figlio e una compagnia picciola. Approda a Los Angeles nella città dei sogni di celluloide. Sembra essere riuscito a prendere le distanze dal proprio passato. Si riappacifica con la madre che non aveva mai conosciuto. Investe nel cinema. S’innamora, ricambiato, della diva più popolare di Hollywood. Poi, però, altre tragedie. «Se il mare ti vuole, ti prende». Anche il Male. Tutto da rifare. Una nuova patria ancora da trovare. Las Vegas? Città in rovine è ambientato nella capitale del gioco d’azzardo.

Spesso le saghe di varia lunghezza sono accanimento terapeutico, soprattutto oggi con lo strapotere televisivo e la lusinga delle serie. Raramente poi l’ultimo capitolo mantiene le aspettative, limitandosi nella migliore delle ipotesi a un flaccido tirar le somme. Don Winslow, invece, rilancia con un favoloso all-in. Città in rovine più dei precedenti è il romanzo delle convergenze parallele.

Distinte ma alleate fra loro si intrecciano nelle pagine dei tre romanzi – ma in particolare in quelle di quest’ultimo – le storie di Enea e Ulisse e il dramma familiare di Agamennone, Oreste e Clitemnestra. Insomma Iliade, Odissea ed Eneide. Da Troia a Providence, dall’Asia Minore al Rhode Island, dal Mediterraneo all’Atlantico e al Pacifico. Ora Las Vegas e la sua Strip. Guerre, amori e avventure. Vendetta, misericordia, dignità. Onore. Il sogno, il fato, il passato… e un nuovo inizio, oltre il filo dell’orizzonte, perché c’è un prezzo da pagare. Alto, molto alto. Troppo.

«Innamorato del proprio dolore, attaccato al romanticismo delle sue tragedie», ce la farà Danny a mettersi in pari con la giustizia e, soprattutto, con la propria coscienza? «Sono un cattolico irlandese, pensa Danny, ho sempre la coscienza sporca.» «Voi cattolici irlandesi volete sempre fare i martiri.» Tutt’altra pasta Ulisse. Penelope: «Sei sparito per dieci anni». E lui: «Ero impegnato a sopravvivere». «Ci siamo persi gli anni migliori.» «Allora non perdiamone altri.»

La Strip di Las Vegas è la strada dei mega hotel del gioco d’azzardo. Casinò, grandi ognuno quanto un quartiere. Barracconi a tema. Più kitsch di Disneyland. Piramidi, Torre Eiffel, Campanile di San Marco, Colosseo… di tutto di più. Qui Danny vuole costruire il suo Sogno. Qualcosa di nuovo.

«Un parco divertimenti come tanti svanirà in un’atmosfera di paccottiglia decadente. Non possiamo costruire altre finzioni, dice Danny. L’idea è stanca, esaurita. Cosa possiamo fare? Piramidi più grandi? Londra invece di Parigi? Una spiaggia più grande con onde più grandi? Una volta che l’hai visto, l’hai visto. La gente si annoia. Con i sogni non ci si annoia mai.»

Nell’odierna Strip letteraria di cliché variopinti, generi ingabbiati, storytelling, narrazioni codificate, tormentoni lacrimevoli, stucchevoli agiografie, autofiction tarocche, sperimentalismi onanistici… – roba che: «Piuttosto mi taglio le vene. Devo farlo! Mi state annoiando a morte!» – questa trilogia di Don Winslow è come il Sogno di Danny Ryan. Fa saltare il banco. Un nuovo paradigma. Bisogna che qualcuno gli trovi un nome. Per noi è semplicemente stupefacente tanta densità espressiva e concettuale, tanta suggestiva evocatività in un vorticoso ritmo d’azione e fraseggio calcistico di parole creativo, brillante, preciso, incessante. Con continui affondi. Sempre vincenti.

Base di lancio questa citazione: «La risposta post-moderna al moderno – afferma Eco – consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente». Quindi, con gli ultimi tre capolavori – ultimi in assoluto, l’autore ha annunciato il suo congedo narrativo – Don Winslow è schizzato via in un viaggio letterario interstellare, verso l’infinito e oltre.

Cala il sipario su Danny Boy Ryan ma nessun addio, ci rivedremo al cinema.

Don Winslow, Città in rovine, HarperCollins

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