
La guerra? Non è tutta colpa sua. Anche la pace nulla può contro l’umana malvagia stupidità: sempre viva, ma oggi tragicamente imperante. Best of degli ultimi fatti di casa nostra, senza ficcare il naso altrove nel villaggio globale, per carità. Prego. Milano, la procura indaga su turisti cecchini. Partivano in aereo il venerdì da Trieste, volavano a Sarajevo e durante l’assedio della città dal 1992 al 1995 nel fine settimana sparavano a civili, donne e bambini, pagando per poterlo fare somme molto alte alle milizie serbe appostate sulle colline. Milano, 3 novembre 2025. Accoltella una donna a caso in piazza Gae Aulenti, luogo scelto perché simbolo del potere economico. Arrestato, dichiara: «Volevo colpire uno di loro». Superstrada Rieti-Terni, 19 ottobre 2025. Ultrà di squadra di basket lanciano sassi contro pullman di tifosi avversari. Muore un autista.
- Attenzione, sconquasso temporale. Apocalisse nucleare, e nuovo rinascimento o, meglio, falsa partenza. 3012, Sebastiano Vassalli. Nel terzo millennio si succedono cinque secoli di guerra e altrettanti di pace. Per cui. Dopo le catastrofi nucleari della prima metà, sfiancata e devastata da orribili mutazioni genetiche finalmente il 1° maggio del 2510 l’umanità approda all’agognata pace. Sembra l’inizio di una nuova epoca di progresso, benessere e felicità. Sembra, ma così non è. La pace, infatti, crea «un uomo nuovo e in parte sconosciuto… che, non avendo più nemici da distruggere, commette delitti senza che ce ne sia una ragione o una necessità, così per passare il tempo…». Cresce, insomma, «l’odio di tutti contro tutti» e quell’odio che, al tempo della guerra, sublimato diventava eroismo, ora invece raffinato produce… energia, pulita: la jella, che sostituisce il petrolio, ormai introvabile. Proprio così, letteralmente.
3012, sottotitolo l’anno del Profeta. Antalo, il profeta, accento tassativamente sulla prima lettera, capisce la necessità del ritorno alla guerra come urto frontale tra eserciti secondo il modello dei poemi epici di Bertran de Born. Solo così, pensa Antalo, si possono disciplinare l’invidia e l’odio, che altrimenti proliferano nelle forme atomizzate e selvagge della guerra di tutti contro tutti.
«L’uomo… avrebbe potuto esprimere le sue virtù e i suoi valori positivi solamente in un modo: combattendo la parte peggiore di se stesso in un presunto nemico. Perciò la guerra era indispensabile; e lui, Antalo avrebbe dedicato il resto della sua vita a quell’ideale…».
Sotto le mentite spoglie di un romanzo di fantascienza, 3012 è «la favola della circolarità del tempo» e la sua morale suona così: cambiano le forme ma nell’animo degli uomini covano sempre gli stessi «cattivi» sentimenti. Ciò che accade è accaduto e accadrà. Il buon selvaggio non è innocente, riposi in pace Rousseau.
Apriti cielo, povero Vassalli, quante gliene dissero! In realtà fu lui a lanciare l’esca con un’intervista nella tana del lupo al Secolo d’Italia, organo ufficiale del partito di destra Alleanza Nazionale. Ed essi abboccarono. Disse Vassalli a quel giornale: «Le idee mi vengono da questo mondo dove ho visto fallire un’utopia che apparentemente era molto bella e, tutto sommato, più piccola rispetto all’utopia della pace: il socialismo. Siccome non esisteva nell’uomo la volontà di socializzare, hanno dovuto imporla con il socialismo reale. Allo stesso modo non vedo lo slancio dell’umanità verso la pace, verso il desiderio di superare gli individualismi. L’utopia della pace dovrebbe essere imposta, diventerebbe la pace reale».
Vassalli sposi la destra, gli risposero sulla Stampa, Enzo Biagi: «quelle sono parole che possono stare in bocca al Marinetti che considerava la guerra come igiene del mondo»; Bertolucci: «non leggerò quel libro, le dichiarazioni dell’autore bastano per comprendere l’intero romanzo», e Mario Rigoni Stern: «quelle di Vassalli mi sembrano idee da destra becera… [anche] Mussolini […] pensava alla guerra come stato naturale del maschio». E altri e altro ancora. Tutto ottimamente documentato da Arianna Marturano nel blog Editoria & Letteratura, 28 settembre 2022.
- La verità è che 3012 chiama in causa le responsabilità individuali. Nulla mai cambierà, se non sapremo fare i conti – tutti, sempre – con il fondo oscuro della nostra umanità. Il nemico siamo noi. La pace è la continuazione della guerra con altri mezzi. E viceversa. In un magistrale (come sempre) intervento su La Lettura del 2 novembre 2025, Piperno approfondisce alcuni temi e stilemi di Guerra e pace che, ogni volta vergine di nuovo incanto, rilegge ad intervalli di cinque o sei anni.
Nell’ultima parte del suo testo Piperno riflette con Tolstoj sul «perché la guerra abbatta i nostri standard morali, e per quale ragioni renda accettabile ciò che di solito consideriamo inammissibile». La risposta di Tolstoj, scrive Piperno, non è nelle parti saggistiche del romanzo, bisogna considerare l’opera nella sua interezza: «Solo così ho inteso perché Tolstoj avesse un tale ritegno a tenere la pace separata dalla guerra, perché considerasse l’una inesorabilmente intrecciata all’altra, e perché nel titolo le abbia voluto associare con una congiunzione copulativa… [] … Da irriducibile moralista qual è, Tolstoj è attratto dalle fatali contraddizioni dei suoi eroi, dai contorcimenti della loro psiche. Ciò spiega come mai per capire cosa induca gli esseri umani a uccidere e a morire in guerra, Tolstoj li osservi vivere e prosperare in tempo di pace. Del resto, lui non fa che ricordarcelo, tra guerra e pace non c’è soluzione di continuità».
- Anche a Vassalli non vanno espunte singole affermazioni, la sua opera è un corpo organico. Un unico romanzo: il romanzo delle illusioni che, in ogni tempo, hanno scandito la vita umana determinandone il cammino nel bene e nel male. Le illusioni, per Vassalli, sono il motore della storia. Ultima, in ordine di apparizione, quella del progresso.
La modernità è finita. Siamo tutti morti e non ce ne siamo accorti. Ci ha ucciso la velocità. Il killer è stato l’automobile. Dentro quel «guscio», l’uomo è diventato un «mollusco», scrive nel 2006 Sebastiano Vassalli nel volume di racconti La morte di Marx. Come sono lontani Ettore ed Achille con quel loro carico di armi così ingombrante che li faceva sembrare dei burattini: «L’eroe in assetto di guerra era invulnerabile, o quasi… ma si portava addosso un peso superiore al quintale e poteva fare pochissimi passi. Era trasportato su un carro. L’inseguimento di Ettore da parte di Achille… dovette essere una delle gag più esilaranti che si siano mai viste nell’antichità e in ogni epoca, e dovette durare ore, forse addirittura giorni».
Ora abbiamo tutti un carro, siamo mobili e veloci ma, di fatto, immobili: sfrecciamo di qua e di là, piombiamo in picchiata su mete lontane, facciamo zapping da una capitale all’altra per lavoro o turismo, pensiamo di conoscere il mondo, invece, per la maggior parte dei nostri giorni, imbottigliati nel traffico, vediamo solo strade, una uguale all’altra. È il capolinea del progresso. La morte dell’uomo, come da sempre lo conosciamo.
In Questa storia, invece, Alessandro Baricco con descrittivismo lirico celebra l’avvento dell’era nuova dell’auto e l’ebbrezza novecentesca della velocità. Di rimando in Rocco del Grande Fratello, uno dei racconti de La morte di Marx, Vassalli gli dedica uno sferzante cammeo. Punti di vista divergenti. Succede, fra grandi. A noi l’ardua sentenza. Da una parte un aedo delle sorti magnifiche e progressive. Dall’altra un anatomopatologo, caustico e irriverente, che stende il proprio inappellabile referto sul nostro tempo con rigore scientifico misto a sornione e disincantato affetto.
- Nell’ultima produzione di Vassalli, ancor più che sempre, la consapevolezza critica accresce l’umanità, e viceversa: un circuito virtuoso che consente di elaborare al meglio il lutto per la fine della nostra specie. Il disastro ambientale in corso («L’ossido di carbonio invaderà l’atmosfera, rendendola incompatibile con le forme attuali di vita») ne produrrà una nuova con ben altri caratteri, al di là di ogni immaginazione. La metamorfosi è compiuta. Ciao Kafka, avevi ragione tu: siamo tutti insetti, ormai, anche se con le ruote invece delle zampe. Siamo «mutanti».
Negli otto racconti della prima delle tre sezioni del volume (titolo, Ciao Kafka), protagonista è, dunque, l’automobile: luogo e strumento di morte. Tomba della civiltà contemporanea. C’è, quindi, il commesso viaggiatore ritrovato casualmente dopo un anno ancora aggrappato al volante della macchina che ha sfondato il guardrail di un cavalcavia finendo di sotto in uno sfasciacarrozze e poi… i due amanti che si suicidano avvelenandosi col gas di scarico; la famiglia che provoca una strage in autostrada ma se frega allegramente e continua il proprio viaggio verso le vacanze; la mamma tossica che lascia la figlioletta a cuocere in macchina mentre lei si sollazza nel centro commerciale; l’automobilista che vendica con l’omicidio la propria Golf «che gli chiedeva aiuto»; l’amore folle e profano fra una Mercedes e un autoarticolato; «l’eroe del videogame» che fa fuori un paio di pedoni; «il soldatino di piombo» che spara per sbaglio al posto di blocco su un’autobomba che non c’è.
Gli otto racconti di questa prima sezione così come gli altri raccolti in La morte di Marx (un allargamento della prospettiva ad altri momenti di vita del villaggio globale: il turismo di massa, la televisione, la democrazia…) e in Dopotutto è amore (una focalizzazione) non sono solo acute e limpide metafore ma piccoli gioielli narrativi dalle fantasiose e compiute geometrie (o soluzioni formali), punte avanzate di quella visionarietà disarmata e combattente che è la ragion d’essere della letteratura ma che oggi pochi praticano: chi oggi in Italia come Vassalli? Orfani di illusioni, con il nostro delirio di onnipotenza tecnologica, incattiviti, sprofondiamo nella stupidità. 3012 è oggi. Tocca rimettere il tempo in sesto. Proviamoci. Un’arma l’abbiamo: l’illusione eterna della poesia.
https://www.ilmondonuovo.club/faccia-a-faccia-sebastiano-vassalli-la-guerra-e-la-pace/


