Tanti anni fa. Più o meno venti. Un’altra vita. Era il tempo delle scorribande culturali con il vessillo Books Brothers, ovvero una ciurma avventurosa di amici sempre pronti a inventarsi e creare occasioni di incontro… fra loro, prima ancora che con l’ospite di turno.
A Foggia c’ero io con Raffaele Vescera. A San Severo Enzo Verrengia e Luciano Ciavarella. A Lucera Michele Colucci e Marcantonio Carbone. Poi tanta acqua in cui sguazzare: amici a più non posso, artisti brillanti e generosi, giornali (Protagonisti), istituzioni (la Provincia), scuole (il Pascal), associazioni varie. Di tutto, di più. Per questo, benché senza mezzi, riuscivamo sempre ad organizzare iniziative belle e importanti.
Tanto per fare un nome, che mi è caro: Pinketts, Andrea G. Pinketts, l’immortale, attributo non casuale. 1997. Giugno, luglio o agosto… unica certezza faceva caldo almeno quanto i giorni più torridi di quest’estate. Serata nel cortile di Palazzo Dogana. Assessore alla cultura Valeria De Trino. Recitativi di Renzo Paoletta. Avevamo appena pubblicato con l’editore Besa nella collana Books Brothers il romanzo finallora inedito Macerazioni divertenti, tributo postumo al poliedrico e geniale sanseverese, poi milanese, Giuseppe Bernardo Annese. Idolo assoluto e primo maestro di Pinketts adolescente, che aveva firmato l’introduzione del romanzo corredato da cinque lettere di Ennio Flaiano all’amico Giuseppe.
La sera prima a Lucera, come sempre quando volevamo farci belli. Pizza e birra, soprattutto birra per Pinketts, tanta tanta birra con contorno di sigaro. C’era anche Marcantonio, naturalmente. È un’altra situazione, però, quella di cui avrei voluto parlare agli amici che venerdì scorso si sono incontrati a Sant’Agapito per ricordare insieme, nel giorno del suo compleanno, il piacere di aver condiviso l’amicizia di Marcantonio.
- Marcantonio era… un marcantonio, grande e grosso (soprattutto grosso) con l’aggravante di un vocione baritonale che ne amplificava la presenza, tanto più quando marcava le parole in dialetto lucerino piegandole ad una variegata e corposa espressività.
Non so come entrai in contatto con Marco Travaglio. Anno 2004. Libro Regime. Squadra in azione. Massima potenza. Doppio incontro. Pomeriggio all’Oda teatro. Serata al pub Utz di Lucera, conversazione e poi cena.
Tanto pubblico, grande successo a Foggia. Unico problema strappare Travaglio alle sue parole per essere in orario all’appuntamento di Lucera. Ricordo che in macchina gli chiesi dell’inchiesta in corso sulla Juve. Più che ottimo anche l’incontro a Lucera. Il meglio, però, accadde a cena. Tutto merito di Marcantonio. Non mi riferisco ai piatti di pesce, squisiti, ma alla sua conversazione con Travaglio da un capo all’altro della tavola. Un ping pong sempre più serrato.
Marcantonio, infatti, cominciò a raccontare aneddoti e storie, retroscena, frizzi e lazzi del Pci e succedanei di quegli anni a Siena quando aveva accantonato l’università per fare il funzionario di partito e poi l’autista di Franco Bassanini finché, svuotatesi le casse del partito, gli amici – come diceva Michele – lo avevano ritirato a Lucera.
Ricordo l’iniziale sufficienza e scetticismo di Travaglio che non riusciva a inquadrare il soggetto che aveva di fronte. Quindi, capitane la serietà, la sua inespressa ma evidente meraviglia per le conoscenze e la competenza che questi dimostrava e che si sentì in dovere di fronteggiare rilanciando via via con interventi di sempre maggiore spessore. Una mano di poker, praticamente. Fino a tarda ora. Tra un piatto di pesce e l’altro. Delizia pura. Il bello della politica, nel senso dell’intelligenza e della passione di chi la vive e la soffre fuori dal circo e dal coro.
- Marcantonio era… un marcantonio, era grande e grosso come il suo cuore. Amava la sua terra e ne conosceva la storia. Il lunedì di Pasqua del 2009 ne raccontò un po’ a Cinzia Tani che raccoglieva appunti per il suo romanzo su Federico II. Eravamo a Castel Fiorentino e nei miei ricordi Marcantonio svetta ancora come quel giorno nel cielo limpido di un colle che gli era caro.
Marcantonio, al secolo Antonio Carbone, era nato a Lucera il 25.08.1959.
Dopo il diploma al liceo scientifico locale si iscrisse alla facoltà di Scienze bancarie dell’Università di Siena, dove visse per 24 anni, senza mai riuscire a laurearsi, essendosi fermato ad un esame dalla laurea. Abbandonati gli studi collaborò alla fondazione di una cooperativa di servizi e divenne funzionario della sezione PCI di Siena. È stato addetto stampa ed autista di Franco Bassanini, supportandolo nella campagna elettorale che lo vide eletto nel 1996 al Senato e poi nominato Ministro della Funzione Pubblica nel primo governo Prodi. Nonostante le innumerevoli opportunità e la conoscenza diretta di altri politici di alto rango, come la senese Rosi Bindi, è riuscito nella difficile impresa di non farsi raccomandare per ottenere un incarico o almeno un posto di lavoro.
Per sostentarsi lavorò come magazziniere in un centro distribuzione della Coop e come addetto alle consegne per un forno.
Ritornato a casa ha fondato il giornale web Oblomovpress, attivo dal 2014 al 2018, il giornale degli apatici ispirato al protagonista di Oblomov, romanzo russo dell’800, che ben rappresentava il suo ideale di rifiuto del lavoro. È stato nominato Presidente dell’organismo regionale di controllo dei finanziamenti alle associazioni di volontariato, incarico che gli consentiva di dedicarsi ai suoi “inutili studi” – come lui stesso era solito definirli – sulla storia locale, grazie ai quali poteva fregiarsi della qualifica di intellettuale, l’unica che lo rappresentasse adeguatamente e che rivendicava. Appassionato di fotografia, numismatica, collezionista di libri, in prevalenza saggi e opere di storia locale, si è dedicato per anni alla raccolta di materiali sul terraggio, senza mai riuscire a pubblicare un libro. È morto l’8 novembre 2022.