Un romanzo è una voce è una voce è una voce. Kent Haruf, La strada di casa, pag. 56: «Per un po’ fu entusiasmante. Al campus in quel periodo si respirava un’aria di consapevolezza e determinazione, e al giornale ci illudevamo di farne parte e di parlare con la voce del popolo, anche se il popolo ancora non lo sapeva o non ci aveva chiesto di farlo».

La sfida di ogni romanzo è proprio questa: convincere o illudere chi legge che quella voce che racconta è la sua, più o meno – nell’oscillazione verso l’alto o il basso della tacca di identificazione è la forza e il successo dell’opera.

Kent Haruf racconta con la voce di Holt. Se l’è inventata lui quella cittadina della provincia americana. Holt è parte della sua anima, si appartengono l’un l’altro e si amano così: «Parlavamo per ore. Non avevo mai parlato con nessuno quanto con lei, le raccontai cose che non avevo mai detto a nessuno, cose che non sapevo neppure di pensare, prima di sentire la mia voce che gliele diceva».

  • La strada di casa è una storia di giustizia e d’amore, è una storia dolce e crudele e dopo che l’hai letta quella voce ti resta dentro perché Holt è una piccola città, un bastardo posto, ma ogni cosa è semplice, come nel disegno di un bambino, perciò dentro ci puoi leggere il mondo.

Comincia così: «Alla fine Jack Burdette tornò ad Holt. Nessuno di noi se l’aspettava più». Erano trascorsi otto anni da quando era sparito svanendo nel nulla. Ad Holt lo conoscevano tutti. Era la persona più in vista della città: fisico atletico, imponente, e comportamenti sopra le righe, sin da ragazzo. Infine, una posizione sociale di rilievo per un incarico di fiducia affidatogli dalla comunità come riconoscimento e investimento collettivo nella sua intraprendenza guascona. Quando un sabato sera di novembre riappare in Cadillac parcheggiando sfrontatamente in piazza, la sua fuga, per Holt, è una ferita ancora aperta come il rosso pacchiano dell’auto nella quale resta chiuso in provocatoria attesa. Di che? Che cosa ha in mente questa volta Jack Burdette? Qual è la sua storia? Perché è fuggito? Che cosa ha fatto di così grave da indignare tutti?

La strada di casa è un romanzo corale con tre voci su tutte. All’altro estremo sentimentale di Jack Burdette c’è Pat Hurbuckle, suo amico da sempre. Direttore del settimanale locale per lascito paterno, è lui quello del giornale del campus, è lui che racconta, ma Pat non è solo testimone, è vittima. Come lui anche le donne che hanno amato Jack: Wanda Jo Evans e Jessie. Tre figure straordinarie per quella forza quieta dell’amore che le anima e al tempo stesso le strazia perché non è vero che l’amore vince ogni cosa. L’amore aiuta ad opporsi a tante dolorose asperità della vita (Jessie), compreso il suo vuoto di senso (Wanda), aiuta a coltivare con fiducia e determinazione una speranza di felicità (Pat) ma espone i puri di cuore ai colpi di certa meschinità provinciale e all’egocentrismo ingordo e violento dei tipi come Jack Burdette.

  • La scrittura di Haruf ha lo stesso nitore del cielo di Holt: la semplicità delle sue frasi brevi e fluide con il minimo di interpunzione abbraccia la complessità dell’animo umano con intima e armoniosa naturalezza. I romanzi di Kent Haruf sono una delle più felici sorprese degli ultimi anni: infinite grazie a NNEDITORE e al traduttore Fabio Cremonesi.

 

Kent Haruf, La strada di casa, NNEDITORE, 2020